polvere di stelle

Le stelle non sono lontane

di Candida Morvillo

Recensione di Le stelle non sono lontane di Candida Morvillo, Milano : Bompiani, 2014
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La bravura scrittoria di Candida Morvillo è il punto fermo di Le stelle non sono lontane. L’alternanza tra déjà-vu e tempo presente, l’aumentare del ritmo all’avvicinarsi della scadenza fatidica per la protagonista, il diario intimo di questa: tutto è ben misurato, mai banale nelle scelte stilistiche, vivace quando serve e con una vena malinconica dosata con bravura.

Quello di cui invece soffrono queste pagine è una trama che oscilla tra lo scontato e l’improbabile. Se da un lato i personaggi del teatro in cui è immersa la protagonista reggono bene perché esprimono una realtà purtroppo vera, dall’altro non raccontano nulla che non si sappia già (l’accostamento di questo romanzo a La grande bellezza compiuto da qualcuno è del tutto fuori scala); se da un lato la figura della protagonista è ben scavata, e appare completa quanto viva, sono palesemente irrealistiche le situazioni che vive, il modo in cui è arrivata al successo, e la decisione che prenderà alla fine della storia. Tutto questo, si direbbe, per ingenuità dell’autrice, ma è più facile pensare a un dipinto che non vuol essere troppo a tinte fosche, e che vuole dare qualche speranza all’esercito delle veline che serve il nostro paese oggi. Se l’intento è in qualche modo pedagogico, però, forse sarebbe meglio convincerle a non arruolarsi, piuttosto che lasciarle congedare.

dove tutto è cambiamento

Jacob von Gunten

di Robert Walser

Recensione di Jacob von Gunten di Robert Walser, Milano : Adelphi, 2014
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All’opera di Walser si addice quantomai la definizione di Bildungsroman. Non solo perché la storia riguarda la formazione del protagonista in una scuola per maggiordomi, ma proprio per via dei cambiamenti cui egli va incontro. Scappato di casa, Jacob va volontariamente incontro a una vita da servitore, come a scontare la pena per un’esistenza che forse giudicava ingiustamente piena di agi.

Il confronto con gli altri personaggi lo forgia e lo fa crescere, e il suo rapporto con loro cambia via via: il direttore della scuola da principio lo atterrisce (e lo picchia a dovere), ma Jacob arriverà a rispettare ciecamente; la sorella del direttore, verso cui prima nutre un amore ideale, gli susciterà poi un sentimento di pena; i compagni, dai quali all’inizio si sentiva distaccato, per i quali proverà un’amicizia strana ma sincera.
Coevo de I turbamenti del giovane Torless, Jakob von Gunten ne condivide la visione della scuola come microcosmo rappresentativo della vita nel suo complesso, ma i “turbamenti” descritti da Walser sono come diluiti, vissuti in modo distaccato, come in una distante visione retrospettiva.
Pur nella sua brevità, Jakob von Gunten ha i ritmi di un romanzo di ampio respiro, al pari dei migliori esempi della tradizione mitteleuropea di inizio Novecento. I diversi livelli di lettura ne fanno un’opera godibile, profonda, che vale l’accostamento ai più celebri Musil e Kafka (che indicò Walser come proprio precursore).

Quando la natura insegna

Le mie fiabe africane

di Nelson Mandela

Recensione di Le mie fiabe africane di Nelson Mandela, Milano : Feltrinelli, 2014
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Attese, ascolti, posizioni: non solo le parole narrano in queste fiabe, raccolte da Nelson Mandela attingendo sia all’immaginario Xhosa, etnia alla quale apparteneva, sia ad altre tribù dell’Africa Meridionale. I ritmi e le morali sono diversi da quelli delle fiabe europee, più “antropizzate”, ma i messaggi e i consigli che ne derivano mostrano come in ogni angolo della terra vi sia lo stesso bisogno di riferimenti culturali.
In queste fiabe animali e uomini coesistono, con i primi spesso a dare preziose indicazioni di vita ai secondi. Da leggere.

Noio volevàn savuàr l’idriss

Milano low cost 2015: Guida anticrisi alla città più cara d’Italia – Expo2015

di Bruna Gherner

Recensione di Milano low cost 2015: Guida anticrisi alla città più cara d’Italia – Expo2015 di Bruna Gherner, Milano : BUR, 2014
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Che cosa si chiede a un libro del genere? Che sia ben organizzato per sezioni, intuitivo nell’uso delle icone, mirato sulle esigenze di chi viaggia, rapido da consultare. La guida di Bruna Gherner è tutto questo.
Ideale per i visitatori dell’Expo che si fermano più di un giorno, e vogliono tenere d’occhio le spese, Milano low cost 2015 dà anzitutto indicazioni su come si arriva a Milano e come si gira per la città con mezzi che vanno dall’automobile all’autostop; ragguaglia su tutti i modi oggi disponibili (anche grazie a Internet) con i quali si può abbassare il prezzo del pernottamento (non di rado con qualche sacrificio, piccolo o grande); il cibo è poi una sezione molto importante, con suggerimenti organizzati per tipo e spesa media; sono non banali, e forse curiosi per molti tra gli stessi milanesi. Divertimento e shopping sono le due sezioni successive, e una ulteriore è dedicata ai bambini, che spesso nelle visite alle grandi città hanno poco spazio. Alternative allo shopping a tre zeri di via Montenapoleone sono poi proposte nelle pagine che seguono. Infine, preziose indicazioni su come affrontare piccoli (e grandi) incidenti di salute costituiscono la penultima sezione, che precede quella degli itinerari cittadini e fuori porta (è un’aggiunta rispetto all’edizione del 2013).
Tutti i dati sono molto aggiornati, le schede sono veloci ben dimensionate.
Un acquisto che forse su Kindle ha il suo vero senso sia per un motivo dimensionale, sia per la possibilità di effettuare ricerche alla massima velocità.

Quando i fumetti sono serissimi

Enigma: La strana vita di Alan Turing

di Tuono Pettinato e Francesca Riccioni

Recensione di Enigma: La strana vita di Alan Turing di Tuono Pettinato e Francesca Riccioni, Milano : Rizzoli Lizard, 2012
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A testimonianza del fatto che una graphic novel non è meno “seria” di un saggio biografico sta il lavoro di Tuono Pettinato e Francesca Riccioni, che si sono cimentati con un mostro sacro della logica e dell’intelligenza artificiale del Novecento, Alan Turing. La leggerezza di molti passaggi non abbassa per nulla il livello espositivo, fedele alla realtà storica. Turing è mostrato sia come genio matematico-logico (gli autori si prendono addirittura la briga di esporre in modo semplice ma efficace la teoria di Gödel), sia come essere umano fragile e schiacciato da un mondo perbenista che non riesce a capire. Le tavole lo vedono impegnato al progetto “Enigma”, fondamentale per le sorti della Seconda guerra mondiale, ma anche in compagnia dell’amica (e promessa sposa per un breve periodo) Joan Clarke, raffigurata spiritosamente come un’eroina dei fumetti. Vi è poi un originale Hitler, che veste panni inattesi.
Si parla della passione di Turing per la maratona, del suo amore irrealizzato, della passione viscerale per il film Biancaneve del 1938, che gli darà l’idea della mela avvelenata per il proprio suicidio, del suo strano outing in sala mensa, tra un sorriso e una smorfia per gli eventi che attendono lo scienziato inglese. Si sa come finisce la storia, ma non per questo il fumetto perde di fascino.
Il tratto di Tuono Pettinato sembra riprendere quello del “Corriere dei Piccoli” dell’anteguerra, e la cosa pare adatta al periodo in cui si svolge la storia. I colori sono però più acidi, con accostamenti a rappresentare i contrasti che costellarono la vita di Alan Turing.
Ultima nota sulla copertina: è una citazione di una tavola di Frank Kelly Freas (peraltro, rifacimento di una sua precedente opera), la celeberrima copertina del disco News of the World dei Queen. Vi è raffigurato “Colossus”, il calcolatore che svolse la decrittazione di enigma, qui rappresentato come un “robottone” che porta in palmo il corpo senza vita di Turing dopo il morso alla mela avvelenata.

L’annoso dubbio

House of Cards 2 Scacco al re

di Michael Dobbs

Recensione di House of Cards 2 Scacco al re di Michael Dobbs, Roma : Fazi, 2014
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Come al solito, una cosa è il romanzo e un’altra è la resa televisiva. House of Cards è opera del 1990, ambientata in Inghilterra, senza Internet e telefonini, a differenza della serie americana, ambientata ai giorni nostri nell’America della East Coast, pur simile per molti versi all’isola dei Windsor.
La capacità scrittoria di Dobbs risulta intatta nella traduzione di Stefano Tummolini, capace di rendere il ritmo paratattico dell’autore inglese, le cui pagine sono un succedersi di periodi corti, indipendenti eppure legati. Gli ambienti sono resi con pennellate quasi impressioniste, e i protagonisti sono tratteggiati in modo rapido e vivo; i dialoghi esprimono la velocità di adattamento dei politici alle mutevoli situazioni che si trovano ad affrontare. Il tutto è condito da una drammaticità quasi shakespeariana, che rallenta il ritmo stendendo luci e ombre su tutti i personaggi, nessuno escluso.
Si tratta di un’opera densa, composta da un insider della politica, al quale deve tutta la forza espressiva. Un libro consigliato indipendentemente dalla storia televisiva, di cui non soffre il confronto.

Contro un ingiusto oblio

L’intestino felice

di Giulia Enders

Recensione de L’intestino felice di Giulia Enders, Venezia : Sonzogno, 2015
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Che l’evoluzione abbia portato il sistema nervoso enterico ad avere cento milioni di cellule neuronali è indizio di due fatti. Anzitutto, che le operazioni che l’intestino deve compiere non sono per nulla banali. Il coordinamento tra sostanze chimiche prodotte in modo endogeno, quelle prodotte dalla flora intestinale, la somma di stimoli inconsci e consci, richiedono una capacità di elaborazione molto evoluta. In secondo luogo, però, disporre di questa capacità separata di elaborazione lascia al cervello la gestione di altre funzioni.
Nel saggio Il secondo cervello Michael D. Gershon affronta temi simili, ricordando che se Cartesio avesse avuto problemi intestinali non avrebbe potuto formulare in tranquillità il proprio cogito ergo sum. Ma, viene da dire, nemmeno se avesse avuto un forte mal di denti, o una fastidiosa prostatite, o una colica renale (meno che mai) avrebbe potuto formulare uno dei principi cardine del pensiero scientifico occidentale.
Posto che Giulia Enders non tratta solo dell’intestino propriamente detto, ma parte dalle ghiandole salivari, per andare all’esofago, allo stomaco, per poi discendere ai visceri, se L’intestino felice serve per esorcizzare un sistema funzionale del corpo umano che subisce ingiuste dimenticanze e omissioni, ben venga. Quasi sempre le affezioni intestinali hanno cause legate al nostro comportamento, sia che si tratti dell’alimentazione, sia che dipenda dallo stress al quale sottoponiamo il nostro organismo; è quindi giusto ascoltare la voce dei visceri, e non dimenticarsi di loro perché organi “bassi”.
Ancora, se questo saggio dà utili piccole indicazioni su come migliorare la nostra condizione umana (fare la cacca da accovacciati è molto più salutare che farla da seduti), ben venga. A volte piccoli cambiamenti delle nostre abitudini hanno grandi ripercussioni sul nostro stato di salute (si pensi ad esempio alla nostra postura quando stiamo seduti per molte ore).
Ma se, come viene da dubitare, questo sia uno dei capostipiti di una moda la cui onda lunga sta per arrivare in libreria, su Internet e in televisione (la trasmissione “La prova del cesso” è tuttora un timore lontano, per fortuna), bene, forse è meglio ricordare che, per le premesse della stessa autrice, l’intestino patisce i nostri comportamenti di lungo periodo, ed è quindi verso questi che dobbiamo spostare la nostra attenzione. Una dieta corretta e ritmi più misurati saranno il viatico per uno stomaco, un intestino e uno stato di salute migliore. Altrimenti, più che pensare a prestare attenzione a cosa e a come mangiamo, tra qualche anno saremo tutti più interessati alle ultime sull’idrocolonterapia. Come dire che più che pensare a fare la raccolta differenziata, andremo a profumare le discariche.

Vidi, vidi, vidi

Homo videns

di Giovanni Sartori

Recensione di Homo videns di Giovanni Sartori, Roma-Bari : Laterza, 2000
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Diversi anni fa apparve il classico studio della classica università americana che sosteneva come l’attrazione per il televisore derivasse dal semplice fatto che mostra “cose che si muovono”. E Sartori muove le sue analisi dalla considerazione per la quale sarebbe proprio la prevalenza dell’immagine vista sulla parola detta il fattore che determina l’involuzione, quasi genetica, dell’uomo da Sapiens a videns. Sartori sostiene il primato della parola detta (e scritta) sulla manifestazione visiva, perché la prima prevede un linguaggio simbolico, ricco per definizione di significati, mentre la seconda non è critica, e sopratutto non necessaria (“al pensare non occorre il vedere”). Salvo che poi dopo una dozzina d’anni arriva gente come Steven Johnson, che con saggi sul genere di Ciò che ti fa bene ti fa male (consigliato) sostiene che non vi sia degenerazione neuronale, dei riflessi, delle capacità cognitive e soprattutto di quelle astrattive, oltre che dell’attenzione; al massimo non nega che le molte ore passate di fronte alla televisione rendano i bimbi un po’ meno attivi fisicamente. Non che si annulli in questo modo tutto un filone interpretativo di cui Sartori è parte, ma le demonologie televisive a priori, secondo le quali qualsiasi cosa si trasmetta fa rimbecillire, ne escono ridimensionate.
L’altro punto sul quale si concentra il politologo fiorentino è la grande quantità di immagini televisive che ci passano davanti; questo renderebbe impossibile classificare, dare le scale di importanza ai contenuti. Sartori si avvicina alla posizione critica di Eco, che proprio in quegli anni si definiva overwhelmed (“sopraffatto”) dalla mole smisurata di documenti in una Rete nella quale i motori di ricerca erano ancora ai primi passi. Anche in questo caso, per quanto possano essere criticati politicamente, da un punto di vista tecnico oggi i motori di ricerca funzionano perfettamente, compiendo l’operazione di scrematura altrimenti improba per l’utente.
In definitiva, Homo videns è un saggio che, non per colpa sua, sente i quasi vent’anni dalla pubblicazione, ma è pur sempre testimone di una lettura critica verso i mass media, per la quale almeno occorre tenere la guardi alzata e valutare le ricadute, specie sui più giovani, dei canali attraverso i quali viaggia l’informazione.

La posta del cuore

Avrò cura di te

di Massimo Gramellini e Chiara Gamberale

Recensione di Avrò cura di te di Massimo Gramellini e Chiara Gamberale, Milano : Longanesi, 2014
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Inutile far finta di non considerare chi sono gli autori quando si leggono queste pagine. Ma se da un lato questo distrae, perché non permette una buona immersione nella lettura, da un altro può servire. Massimo Gramellini, tra le altre cose, teneva la rubrica della posta del cuore sullo “Specchio” de “La stampa”, e Chiara Gamberale, tra le altre cose, conduceva una trasmissione radiofonica sulla propria esperienza nel campo dell’analisi psicologia, “Io, Chiara e l’oscuro”. Tanto basta per spiegare il contenuto di questo libello, che pare composto per metà da tanto gentili quanto scontate risposte a lettere di donne in crisi, e per la restante metà da considerazioni di una donna che in crisi finge di esserci. Con un titolo che Moccia di certo si morde le mani per non averci pensato lui prima. La copertina dà il tocco finale (ho sottomano il cartaceo).
Nonostante il sommovimento finale, tutto è statico, stucchevolmente intimista, e le sorti del libro sono tenute a galla solo dalla bravura tecnica dei due. Che farebbe quasi propendere per dare due stelle, ma no, non è il caso.

Libro da meditazione

Stecchini da denti

di Aldo Buzzi

Recensione di Stecchini da denti di Aldo Buzzi, Milano : Libreria degli Scrittori, 2014
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Prima degli chef televisivi e dei gastrosofi ci fu Buzzi. Gli “appunti di gastronomia” che costituiscono la prima metà di questo breve libretto (le altre due sezioni sono gli “appunti di vita”, che prendono quasi tutta l’altra metà, e gli “appunti di viaggio”, giusto qualche pagina) ci dicono quanto la cucina non sia (solo) un manuale dalle pagine più o meno unte, ma una parte essenziale della nostra cultura, non fosse altro per il tempo che passiamo a mangiare nel corso della giornata.
Buzzi, che già in poche righe fa emergere la propria diversificata cultura, va alla ricerca delle ricette, sì, ma soprattutto delle parole, delle persone, dei luoghi della letteratura, dei giornali (imperdibile la ricetta che cita, apparsa sul “New Yorker” il 13 gennaio 1975, nella quale gli ingredienti, gas compreso, non sono quantificati per peso, volume o pizzichi, ma per il loro costo), dello spirito e dei ricordi che stanno dietro al cibo.
Sono pagine fuori da qualsiasi coro, consigliatissime.