R.I.P. IE6 e la storia del software

Microsoft festeggia la scomparsa di Internet Explorer 6. Cosa che per l’utente medio di Internet è notizia di scarso interesse. Da tempo, infatti, i solleciti che il browser inviava, le incompatibilità sui siti curabili con l’installazione delle nuove versioni, o semplicemente il cambio del pc hanno portato gli utenti sugli aggiornamenti.
Qualche retrogrado, forse per il poco uso, per la refrattarietà ai cambiamenti o per la paura di qualsiasi popup con il tasto “Installa”, ha evitato l’ineluttabile. Ma oggi anche quell’1% ha dovuto cedere, forzatamente. Microsoft ha decretato la scomparsa di IE6. Punto.
Ripenso al mio Framework IV che usavo con le funzionalità di Office tra il 1989 e il 1992, e che è scomparso senza colpo ferire in data imprecisata. Missing in action, si direbbe. E che dire di Netscape, che da browser più importante è caduto nell’oblio senza potersi difendere? O, avvicinandoci ai nostri giorni, quanti possono dire di avere ancora Windows Vista? Ce l’avete? Bè, se leggete queste pagine vuol dire che avete acceso il pc, che è un mezzo miracolo.
Se con le tecnologie precedenti all’informatica, e con l’informatica stessa vista dal lato hardware, si sono fatti fior di musei, sarà possibile e avrà senso ricordare un giorno queste presenze giornaliere che sono i sistemi operativi e i programmi? Pare ci sia giusto spazio per un po’ di retrogaming, che è il gusto di riscoprire i giochini degli anni ’80 e farli girare emulandoli, ossia, plasmando delle schermate con i nuovi software in modo da renderle identiche o quasi a quelle vecchie, ma non sarà realistico vedere riprodotti i desktop tipici di Windows 3.11, di Lotus123 o di Fontographer – sfido qualcuno a ricordarsene – su macchine che vorranno assomigliare ai pc degli anni ’90. La storia di Internet, ad esempio, è principalmente la storia della rete fisica che la sostiene.
A rafforzare questa idea sta l’atteggiamento di grande soddisfazione che gli addetti ai lavori, tra cui tutti i blogger e i siti di riferimento nell’ambito software, hanno manifestato per la scomparsa. Qualcuno ci ha fatto pure le magliette (vedi sotto).
Maglietta commemorativa della scomparsa di IE6
Nessuno ha fatto le magliette quando il disco decadico è scomparso dai telefoni, e anzi, qualcuno lo ha voluto riprodurre sugli smartphone. Sta forse cambiando il modo di lasciarsi le “cose vecchie” dietro, che vanno completamente dimenticate, spesso anche per via della loro immaterialità. Cambierà con buona probabilità anche il modo di fare storia (della tecnologia), che non potrà più essere solamente la somma di selezione e interpretazione. Non vi sarà più a disposizione ciò che è scomparso: un tempo i manuali dei programmi erano cartacei, poi inclusi nel disco di installazione die software, e poi online. Una volta cessato di esistere il programma, le pagine saranno rimosse. Quindi, sempre maggiore importanza avranno progetti come Archive.org, che salvano dall’oblio homepage, interfacce e vecchie versioni.
Diversamente, come potremo apprezzare un giorno la bellezza di italia.it in una delle sue mirabili versioni iniziali?

Etaoin shrdlu, o del riempitivo (ancora)

“Etaoin” e “shrdlu” sono le parole formate dalle lettere delle prime due colonne di sinistra della tastiera delle linotype. Per anni sono state l’inequivocabile segnale di un refuso, per i motivi che si diranno tra poco. Prima però occorre accennare brevemente alle caratteristiche della linotype.
Nel 1881 un emigrato tedesco negli Stati Uniti, Ottmar Mergenthaler, inventava il primo dispositivo meccanico per la composizione tipografica, la linotype. Il sistema prevede un magazzino di alimentazione dal quale scendono i caratteri mobili corrispondenti alle lettere digitate alla tastiera. Le lettere finiscono a comporre una riga di testo, che successivamente è consolidata mediante fusione.
La complessità di queste azioni fece sì che da sempre, nel caso di errore, i linotipisti (ossia coloro esperti nella battitura dei testi alla linotype) preferissero la composizione completa di una riga alla sua correzione, molto più laboriosa.
E la maniera più rapida per completare la riga era di far scorrere il dito lungo le colonne di sinistra della tastiera, producendo proprio le due celebri parole “etaoin” e “shrdlu”.
Questo, come detto, divenne utile segnale per indicare la presenza di un refuso nella compozione, ma si verificava pure che i correttori di bozze non lo vedessero: la stringa risultaa così nella composizione finale, e non raramente era pure pubblicata.
La locuzione “etaoin shrdlu” era così celebre negli Stati Uniti da essere inclusa pure nel dizionario Webster, l’equivalente dello “Zingarelli” italiano, e nell’Oxford English Dictionary.

In epoca di Internet si sarebbe originata un’altra sorta di locuzione, dovuta a una non corretta interpretazione del codice html presente in alcune pagine: “&nbsp”, o “non-breakable space”. Si tratta di una “entità html”, ossia di una frazione di codice che serve a fare interpretare nel modo voluto dei caratteri o delle stringhe di caratteri. In questo caso, l’html non recepisce la presenza di spazi bianchi multipli, collassando a uno spazio un numero qualsivoglia di spazi digitati.
Ad esempio, sostituendo per maggiore chiarezza lo spazio con un trattino basso (underscore), la stringa

prova___di___scrittura

con tre spazi bianchi tra le parole, sarebbe interpretata e visualizzata dal codice html come:

prova_di_scrittura

Per far sì che siano visualizzati tutti gli spazi si adopera proprio “&nbsp”, per cui la stringa (“NBSP” è riportato in maiuscolo per maggiore evidenza)

prova   di   scrittura

avrebbe la visualizzazione richiesta (sempre gli underscore al posto degli spazi a pro della leggibilità):

prova_di_scrittura

Non solo: “&nbsp” fa sì che non si verifichi l’interruzione di riga proprio in quel punto, come normalmente potrebbe avvenire in presenza dello spazio bianco ordinario. Questa caratteristica torna utile quando si hanno locuzioni che si preferisce mantenere non spezzate, come ad esempio “1000 km”, o qualsiasi altra. Scrivendo “1000 km” nel codice (sempre con le lettere minuscole), l’interpretazione del browser sarà l’immissione di uno spazio tra “1000” e “km”, senza separare le due parole anche nel caso in cui “km” dovesse andare a capo.

Nella prima ondata di Internet (primi anni ’90) alcune visualizzazioni non avvenivano in modo corretto per l’assenza del punto e virgola al termine della stringa, condizione necessaria per il funzionamento del codice. Si vedevano così stringhe proprio come quella sopra, con “&nbsp” presente in gran quantità, a detrimento della lettura del testo. Da qui nasce la fama di “&nbsp”, che in qualche modo denotava i siti costruiti in modo un po’ più raffazzonato. Spesso la storia degli errori dice molto di più della storia delle correzioni.

P.S.: “&nbsp” può essere prodotto in ambienti word processor con la combinazione di tasti ALT+160 o con CRTL+SHIFT+SPAZIO. Peraltro, sino a prova contraria, non è possibile inserire tale carattere in Powerpoint.