Quando i fumetti sono serissimi

Enigma: La strana vita di Alan Turing

di Tuono Pettinato e Francesca Riccioni

Recensione di Enigma: La strana vita di Alan Turing di Tuono Pettinato e Francesca Riccioni, Milano : Rizzoli Lizard, 2012
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A testimonianza del fatto che una graphic novel non è meno “seria” di un saggio biografico sta il lavoro di Tuono Pettinato e Francesca Riccioni, che si sono cimentati con un mostro sacro della logica e dell’intelligenza artificiale del Novecento, Alan Turing. La leggerezza di molti passaggi non abbassa per nulla il livello espositivo, fedele alla realtà storica. Turing è mostrato sia come genio matematico-logico (gli autori si prendono addirittura la briga di esporre in modo semplice ma efficace la teoria di Gödel), sia come essere umano fragile e schiacciato da un mondo perbenista che non riesce a capire. Le tavole lo vedono impegnato al progetto “Enigma”, fondamentale per le sorti della Seconda guerra mondiale, ma anche in compagnia dell’amica (e promessa sposa per un breve periodo) Joan Clarke, raffigurata spiritosamente come un’eroina dei fumetti. Vi è poi un originale Hitler, che veste panni inattesi.
Si parla della passione di Turing per la maratona, del suo amore irrealizzato, della passione viscerale per il film Biancaneve del 1938, che gli darà l’idea della mela avvelenata per il proprio suicidio, del suo strano outing in sala mensa, tra un sorriso e una smorfia per gli eventi che attendono lo scienziato inglese. Si sa come finisce la storia, ma non per questo il fumetto perde di fascino.
Il tratto di Tuono Pettinato sembra riprendere quello del “Corriere dei Piccoli” dell’anteguerra, e la cosa pare adatta al periodo in cui si svolge la storia. I colori sono però più acidi, con accostamenti a rappresentare i contrasti che costellarono la vita di Alan Turing.
Ultima nota sulla copertina: è una citazione di una tavola di Frank Kelly Freas (peraltro, rifacimento di una sua precedente opera), la celeberrima copertina del disco News of the World dei Queen. Vi è raffigurato “Colossus”, il calcolatore che svolse la decrittazione di enigma, qui rappresentato come un “robottone” che porta in palmo il corpo senza vita di Turing dopo il morso alla mela avvelenata.

L’annoso dubbio

House of Cards 2 Scacco al re

di Michael Dobbs

Recensione di House of Cards 2 Scacco al re di Michael Dobbs, Roma : Fazi, 2014
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Come al solito, una cosa è il romanzo e un’altra è la resa televisiva. House of Cards è opera del 1990, ambientata in Inghilterra, senza Internet e telefonini, a differenza della serie americana, ambientata ai giorni nostri nell’America della East Coast, pur simile per molti versi all’isola dei Windsor.
La capacità scrittoria di Dobbs risulta intatta nella traduzione di Stefano Tummolini, capace di rendere il ritmo paratattico dell’autore inglese, le cui pagine sono un succedersi di periodi corti, indipendenti eppure legati. Gli ambienti sono resi con pennellate quasi impressioniste, e i protagonisti sono tratteggiati in modo rapido e vivo; i dialoghi esprimono la velocità di adattamento dei politici alle mutevoli situazioni che si trovano ad affrontare. Il tutto è condito da una drammaticità quasi shakespeariana, che rallenta il ritmo stendendo luci e ombre su tutti i personaggi, nessuno escluso.
Si tratta di un’opera densa, composta da un insider della politica, al quale deve tutta la forza espressiva. Un libro consigliato indipendentemente dalla storia televisiva, di cui non soffre il confronto.

Contro un ingiusto oblio

L’intestino felice

di Giulia Enders

Recensione de L’intestino felice di Giulia Enders, Venezia : Sonzogno, 2015
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Che l’evoluzione abbia portato il sistema nervoso enterico ad avere cento milioni di cellule neuronali è indizio di due fatti. Anzitutto, che le operazioni che l’intestino deve compiere non sono per nulla banali. Il coordinamento tra sostanze chimiche prodotte in modo endogeno, quelle prodotte dalla flora intestinale, la somma di stimoli inconsci e consci, richiedono una capacità di elaborazione molto evoluta. In secondo luogo, però, disporre di questa capacità separata di elaborazione lascia al cervello la gestione di altre funzioni.
Nel saggio Il secondo cervello Michael D. Gershon affronta temi simili, ricordando che se Cartesio avesse avuto problemi intestinali non avrebbe potuto formulare in tranquillità il proprio cogito ergo sum. Ma, viene da dire, nemmeno se avesse avuto un forte mal di denti, o una fastidiosa prostatite, o una colica renale (meno che mai) avrebbe potuto formulare uno dei principi cardine del pensiero scientifico occidentale.
Posto che Giulia Enders non tratta solo dell’intestino propriamente detto, ma parte dalle ghiandole salivari, per andare all’esofago, allo stomaco, per poi discendere ai visceri, se L’intestino felice serve per esorcizzare un sistema funzionale del corpo umano che subisce ingiuste dimenticanze e omissioni, ben venga. Quasi sempre le affezioni intestinali hanno cause legate al nostro comportamento, sia che si tratti dell’alimentazione, sia che dipenda dallo stress al quale sottoponiamo il nostro organismo; è quindi giusto ascoltare la voce dei visceri, e non dimenticarsi di loro perché organi “bassi”.
Ancora, se questo saggio dà utili piccole indicazioni su come migliorare la nostra condizione umana (fare la cacca da accovacciati è molto più salutare che farla da seduti), ben venga. A volte piccoli cambiamenti delle nostre abitudini hanno grandi ripercussioni sul nostro stato di salute (si pensi ad esempio alla nostra postura quando stiamo seduti per molte ore).
Ma se, come viene da dubitare, questo sia uno dei capostipiti di una moda la cui onda lunga sta per arrivare in libreria, su Internet e in televisione (la trasmissione “La prova del cesso” è tuttora un timore lontano, per fortuna), bene, forse è meglio ricordare che, per le premesse della stessa autrice, l’intestino patisce i nostri comportamenti di lungo periodo, ed è quindi verso questi che dobbiamo spostare la nostra attenzione. Una dieta corretta e ritmi più misurati saranno il viatico per uno stomaco, un intestino e uno stato di salute migliore. Altrimenti, più che pensare a prestare attenzione a cosa e a come mangiamo, tra qualche anno saremo tutti più interessati alle ultime sull’idrocolonterapia. Come dire che più che pensare a fare la raccolta differenziata, andremo a profumare le discariche.

Vidi, vidi, vidi

Homo videns

di Giovanni Sartori

Recensione di Homo videns di Giovanni Sartori, Roma-Bari : Laterza, 2000
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Diversi anni fa apparve il classico studio della classica università americana che sosteneva come l’attrazione per il televisore derivasse dal semplice fatto che mostra “cose che si muovono”. E Sartori muove le sue analisi dalla considerazione per la quale sarebbe proprio la prevalenza dell’immagine vista sulla parola detta il fattore che determina l’involuzione, quasi genetica, dell’uomo da Sapiens a videns. Sartori sostiene il primato della parola detta (e scritta) sulla manifestazione visiva, perché la prima prevede un linguaggio simbolico, ricco per definizione di significati, mentre la seconda non è critica, e sopratutto non necessaria (“al pensare non occorre il vedere”). Salvo che poi dopo una dozzina d’anni arriva gente come Steven Johnson, che con saggi sul genere di Ciò che ti fa bene ti fa male (consigliato) sostiene che non vi sia degenerazione neuronale, dei riflessi, delle capacità cognitive e soprattutto di quelle astrattive, oltre che dell’attenzione; al massimo non nega che le molte ore passate di fronte alla televisione rendano i bimbi un po’ meno attivi fisicamente. Non che si annulli in questo modo tutto un filone interpretativo di cui Sartori è parte, ma le demonologie televisive a priori, secondo le quali qualsiasi cosa si trasmetta fa rimbecillire, ne escono ridimensionate.
L’altro punto sul quale si concentra il politologo fiorentino è la grande quantità di immagini televisive che ci passano davanti; questo renderebbe impossibile classificare, dare le scale di importanza ai contenuti. Sartori si avvicina alla posizione critica di Eco, che proprio in quegli anni si definiva overwhelmed (“sopraffatto”) dalla mole smisurata di documenti in una Rete nella quale i motori di ricerca erano ancora ai primi passi. Anche in questo caso, per quanto possano essere criticati politicamente, da un punto di vista tecnico oggi i motori di ricerca funzionano perfettamente, compiendo l’operazione di scrematura altrimenti improba per l’utente.
In definitiva, Homo videns è un saggio che, non per colpa sua, sente i quasi vent’anni dalla pubblicazione, ma è pur sempre testimone di una lettura critica verso i mass media, per la quale almeno occorre tenere la guardi alzata e valutare le ricadute, specie sui più giovani, dei canali attraverso i quali viaggia l’informazione.

La posta del cuore

Avrò cura di te

di Massimo Gramellini e Chiara Gamberale

Recensione di Avrò cura di te di Massimo Gramellini e Chiara Gamberale, Milano : Longanesi, 2014
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Inutile far finta di non considerare chi sono gli autori quando si leggono queste pagine. Ma se da un lato questo distrae, perché non permette una buona immersione nella lettura, da un altro può servire. Massimo Gramellini, tra le altre cose, teneva la rubrica della posta del cuore sullo “Specchio” de “La stampa”, e Chiara Gamberale, tra le altre cose, conduceva una trasmissione radiofonica sulla propria esperienza nel campo dell’analisi psicologia, “Io, Chiara e l’oscuro”. Tanto basta per spiegare il contenuto di questo libello, che pare composto per metà da tanto gentili quanto scontate risposte a lettere di donne in crisi, e per la restante metà da considerazioni di una donna che in crisi finge di esserci. Con un titolo che Moccia di certo si morde le mani per non averci pensato lui prima. La copertina dà il tocco finale (ho sottomano il cartaceo).
Nonostante il sommovimento finale, tutto è statico, stucchevolmente intimista, e le sorti del libro sono tenute a galla solo dalla bravura tecnica dei due. Che farebbe quasi propendere per dare due stelle, ma no, non è il caso.

Libro da meditazione

Stecchini da denti

di Aldo Buzzi

Recensione di Stecchini da denti di Aldo Buzzi, Milano : Libreria degli Scrittori, 2014
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Prima degli chef televisivi e dei gastrosofi ci fu Buzzi. Gli “appunti di gastronomia” che costituiscono la prima metà di questo breve libretto (le altre due sezioni sono gli “appunti di vita”, che prendono quasi tutta l’altra metà, e gli “appunti di viaggio”, giusto qualche pagina) ci dicono quanto la cucina non sia (solo) un manuale dalle pagine più o meno unte, ma una parte essenziale della nostra cultura, non fosse altro per il tempo che passiamo a mangiare nel corso della giornata.
Buzzi, che già in poche righe fa emergere la propria diversificata cultura, va alla ricerca delle ricette, sì, ma soprattutto delle parole, delle persone, dei luoghi della letteratura, dei giornali (imperdibile la ricetta che cita, apparsa sul “New Yorker” il 13 gennaio 1975, nella quale gli ingredienti, gas compreso, non sono quantificati per peso, volume o pizzichi, ma per il loro costo), dello spirito e dei ricordi che stanno dietro al cibo.
Sono pagine fuori da qualsiasi coro, consigliatissime.

Al liceo del giallo

Un amore bonsai

di Barbara Zanetti

Recensione di Un amore bonsai, di Barbara Zanetti, Milano : Indies g&a, 2014
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All’autrice non mancano le idee per costruire una storia; non mancano una discreta abilità scrittoria, un gusto per il particolare non essenziale (che nei gialli è sale e pepe) e la capacità di costruire i personaggi. Questi sono vivi, sono persone, nelle loro piccole manie e nelle loro paure, sul lavoro e nella vita privata.
Nel complesso, però, Un amore bonsai sembra scritto da una liceale del giallo. Zanetti si prende giustamente cura di stupire, agganciare e rassicurare (quando serve) il lettore, ma lo fa spesso scavalcando le necessità della storia, che dovrebbe vivere di vita propria, e invece appare sempre nella propria intelaiatura: la trama pare composta di elementi di vita vissuta (da qui la veridicità di molti passi) e costruzioni sceniche un po’ banali, perdendo così l’omogeneità che le darebbe maggiore forza.
Tre stelle perché il libro si fa leggere, e perché un’altra chance alla coppia investigativa va data.

Filosofia enterica, cereali e Alessia Marcuzzi

Il secondo cervello

di Michael D. Gershon

Recensione di Il secondo cervello di Michael D. Gershon, Torino : UTET, 2012
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Che Il secondo cervello sia una lettura consigliabile ai medici è indubbio. Che un moto di curiosità possa spingere il curioso della fisiologia a leggerlo è perfettamente comprensibile: non ho in mano l’originale, ma la traduzione di certo rende bene lo stile del classico saggio americano, che guida il lettore senza mai fare il passo più lungo della gamba, alternando la nozione a effetto all’approfondimento di matrice più eminentemente scientifica. Gershon, poi, è scienziato serissimo, e i fondamenti della sua ricerca non sono da mettere in discussione.
E’ forse il caso, tuttavia, di muovere qualche critica sistematica all’approccio del testo. Se l’evoluzione ha portato l’uomo a mantenere un cosiddetto secondo cervello (si tenga presente che il numero di neuroni presenti nel cervello è circa un migliaio di volte maggiore di quello che popola i visceri, mentre per le connessioni neurali il rapporto esplode a ordini di grandezza ben maggiori), ci sarà ben un motivo. L’essere umano sano non ha particolari pensieri riguardo alle proprie deiezioni, e fare filosofia non ha paragone con il controllare consistenza, colore e frequenza della propria cacca. Dunque, giova all’uomo e alla sua sopravvivenza tenere le funzioni separate.
L’autore afferma giustamente che nessun pensatore compie bene il proprio mestiere se ha turbe gastrointestinali. Cartesio, dice Gershon, ha potuto formulare il proprio cogito ergo sum perché il suo intestino era in ordine. Senza dubbio. Ma che dire dei reni? E’ arcinoto che una colica renale causa il dolore che avvicina di più l’essere maschile alle “gioie” del parto. Che avrebbe scritto Cartesio con una pietruzza calcarea bloccata nelle vie urinarie? E la protrusione discale, per non arrivare all’ernia, ad esempio in posizione L5-S1, ha forse minore nobiltà dolorifica? Chi è in grado di scrivere di filosofia con la schiena bloccata? Per non parlare del dolore ai denti, dei tagli alle mani, della tracheite, dell’asma da acari. Un laringospasmo sofferto dalla mia figlia minore a due anni di età mi ha preoccupato di più di quanto non mi potranno preoccupare tutte le stipsi della sua vita, siano esse causate da cicli ormonali muliebri, sia da stress della vita moderna.
Già, la vita moderna: lì, dicono gli psicologi, stanno molte cause dei nostri malesseri intestinali. Visto che l’autore conferma che il 20% degli americani soffre di disturbi funzionali dell’intestino, il resto forse lo fanno le catene di fast food. Più di tutto vale però lo stress, che disorienta il sistema nervoso enterico sconvolgendone il funzionamento normale. Di fronte a questa causa fanno sorridere figure come quella del signor Kellogg (quello dei cereali), propugnatore del clistere utile alla defecazione almeno ogni sei ore (non di più, altrimenti, siccome la cacca è sporca, tenendola nell’intestino si prendono le malattie) e di Alessia Marcuzzi, latrice delle virtù del Bifidus Actiregularis, il cui nome dovrebbe dare l’idea di un intestino orologiaio, ma mette ansia alla sola pronuncia (salvo il fatto che non esiste). Acquistano invece valenza scaramantica L’inno del corpo sciolto di Benigni, e la canzone di Carletto, liberatoria quant’altre mai pur non essendo chiaro che cosa faccia Carletto nel letto (atto grosso o atto piccolo?). Ad ogni modo, la vita ben ritmata mette a tacere qualsiasi voce di neurone intestinale.
Il testo di Gershon è vivace, documentatissimo e genuinamente scientifico: solamente, la sua lettura deve aprire prospettive, e non far chiudere il lettore in un integralismo enterico che provocherebbe i mali da cui invece ci si vuole difendere.

Una ricetta possibile, anzi, quasi infallibile

Il cigno nero

di Nassim N. Taleb

Recensione de Il cigno nero di Nassim N. Taleb, Milano : Il Saggiatore, 2014
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Prendete un libanese (anche se Taleb preferisce definirsi “levantino”) naturalizzato statunitense, prima gestore di hedge funds e poi quant (un misto tra un ingegnere, un matematico e uno statistico), consulente, professore universitario, con un fisico da buttafuori ottenuto con particolari allenamenti che contemplano solo massimali, che decide le proprie portate al ristorante replicando quelle ordinate dalla persona più grassa seduta a tavola, e che per evitare conversazioni non volute si spaccia per autista di limousine.
Prendete un argomento come la statistica, fumo negli occhi per molti, fonte di guadagno per pochi, ma comunque presente in molte situazioni della vita comune, e consideratene gli aspetti legati alle cosiddette code delle distribuzioni, ossia agli eventi rari che sono molto improbabili ma comunque possibili.
Infine, fate scrivere al primo un libro sul secondo. C’è qualche probabilità che possa uscirne qualcosa come Il cigno nero, uno dei saggi più noti e più discussi degli ultimi dieci anni.
Con il suo fare sornione Taleb porta alla scoperta dei “cigni neri”, gli eventi che nessuno si dà la briga di prevedere perché sono così infrequenti che ce ne si può dimenticare. Ma comunque accadono, proprio come l’animale cigno nero, non considerato come possibile sino alla sua scoperta avvenuta nel 1697. Il parco giochi naturale di Taleb è la borsa, ma le sue considerazioni sono di più ampio respiro. Comprendono la storia nel suo complesso, che è dimostrazione dell’impredicibilità degli eventi (l’assassinio dell’Arciduca Ferdinando, casus belli del primo conflitto mondiale, ad esempio), andando alle scoperte scientifiche, nelle quali il caso ha un ruolo spesso importantissimo, per approdare alla teoria del caos. Tutto giustifica l’approccio tipico dell’uomo, che applica modelli e crede nella propria conoscenza sino a – alcune volte – doversene pentire, perché reso incapace di prevedere i cigni neri proprio per via dei modelli che usa. Giusto per non risultare troppo pessimista, Taleb dispensa comunque qualche consiglio (il “so di non sapere” socratico è per lui un toccasana) su come convivere con questa situazione apparentemente incomprensibile, pur con la spada di Damocle del “non possiamo proprio prevedere” che dà il titolo alla seconda parte del testo.
Il cigno nero non è di lettura agevolissima, ma con un po’ di pazienza si può aggredirlo. Il risultato è con tutta probabilità una migliore conoscenza del mondo che ci circonda.

L’ultimo degli stoici

Segnali di fumo

di Andrea Camilleri

Recensione di Segnali di fumo, di Andrea Camilleri, Milano : Mondadori, 2014
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Altro che i segnali di fumo: qui siamo di fronte a una piccola intensa opera filosofica. Camilleri alterna giudizi sull’attualità a considerazioni di portata generale. E’ in queste ultime che dà il meglio, raggiungendo picchi che non fanno sembrare irriguardoso il paragone con il Marco Aurelio dei _Pensieri_. Sono pagine di un uomo che si considera giunto al termine del proprio percorso, ma che sparge con vivacità la propria esperienza. E non inganni la forma breve di queste meditazioni: è lì che sta la saggezza degli stoici.