03 – età della pietra

Sebbene i ritrovamenti fossili possano ancora retrocedere il (non da tutti condiviso) momento della comparsa dell’uomo sulla Terra, la porzione di tempo dalla quale il genere Homo esiste è, per ordine di grandezza, un millesimo di quella che vede una qualsiasi forma di vita sul nostro pianeta.
Allo stato presente si collocano i primi ominidi a circa 2 milioni di anni fa, ma ai fini della storia della tecnica occorre compiere un’ulteriore avvicinamento, considerando almeno l’epoca denominata come Paleolitico, o età “della pietra vecchia”.
Si suole far iniziare il Paleolitico circa 80.000 anni fa, quando l’uomo per la prima volta poté usare arnesi in pietra. Occorre però spostarsi di altri 40.000 anni per apprezzare una certa evoluzione degli utensili posseduti dall’uomo, ed entrare nel cosiddetto Paleolitico Superiore (quello precedente è, come ovvio l’Inferiore).

In questo periodo l’uomo si sostiene con le attività di caccia e raccolta, e può già disporre di un minimo ma efficace insieme di utensili:
– armi come archi e balestre (nei quali si ha la prima accumulazione di energia e una sorta di prima adozione del principio della leva);
– lance e fiocine per l’esercizio della caccia e della pesca;
– strumenti e armi da taglio, quali asce, coltelli e seghe;
– altri strumenti per l’abrasione, come i raschiatoi (essenziali nella lavorazione delle pelli);
– strumenti per l’asportazione di parti materiali, come mazze, punteruoli e pialle;
– strumenti complementari, ma ai quali sono legate attività particolarmente complesse se paragonate alle precedenti, come gli aghi in osso.

E’ rilevante notare come l’evoluzione biologica dell’uomo, in questi periodi ma sin dalle epoche precedenti, non sia andata nella direzione della forza fisica, quanto verso lo sviluppo dei lobi cerebrali, ciò che consentì all’uomo di adottare sorgenti esterne di energia per svolgere funzioni anche complesse e per le quali si rendeva necessaria una forza ben maggiore di quella che i soli muscoli dell’Homo sapiens potevano fornire.

Al Paleolitico segue (siamo attorno all’8.000 a.C., con variabilità secondo le aree) il Mesolitico, o “età della pietra di mezzo”. La “transizione mesolitica” vide per lo più dei perfezionamenti tecnologici, ma non solo:
– furono migliorati gli arnesi per la caccia e soprattutto per la pesca;
– furono perfezionati gli utensili per la carpenteria, come gli scalpelli, che furono declinati nei vari tipi di sgorbie, e la stessa ascia;
– furono utilizzati i primi mezzi di trasporto, basati sullo scivolamento sull’acqua (canoe, pagaie) o sulla neve (slitte).

Si attua poi la cosiddetta “rivoluzione del Neolitico”, con marcatore fondamentale lo sviluppo delle tecniche agricole. All’interno del Neolitico, pur sempre con una certa variabilità secondo la regione considerata (in ogni caso non si risale oltre il 5.000 a.C.), si ha il passaggio da preistoria a storia.
Guardando agli strumenti a disposizione dell’uomo del Neolitico, tutta la filiera agricola dispone di utensili nuovi: dalle zappe e vanghe per il dissodamento, agli strumenti da taglio per mietere le granaglie (nasce la lama ricurva del falcetto), a quelli da battitura per separare le parti commestibili da quelle erbose o protettive, sino alle prime macine.
E’ fondamentale notare che per produrre questi strumenti ne furono necessari degli altri, in particolare per dare le forme e per forare.
La struttura sociale degli ominidi, sin dall’inizio gerarchizzata in tribù, prende ad avere caratteri più familiari, poiché è la famiglia l’insieme all’interno del quale si svolgono i cicli produttivi. Una fase di espansione delle dimensioni minime dell’insediamento umano, invece, avverrà nel momento in cui si renderà necessaria una struttura complessa per attendere alle grandi operazioni idriche legate al diffondersi dell’agricoltura.

La tecnologia in Dante – un abbecedario (N-Z)

Noce: nella Crusca la parola è spiegata come indicante “quella parte della balestra alla quale si fermava la corda, per caricare l’arme” (Pd ii 24).

Orologio: in Pd x 139 e Pd xxiv 13, “congegno meccanico fornito di ruote dentate azionate da pesi e contrappesi o forse anche da molle, conosciuto in Occidente verso la fine del secolo xiii: e i due luoghi danteschi sarebbero appunto tra le prime testimonianze dell’uso di tali orologi a rotismi.

Palanca: ricorre come variante di pala in If xxiii 48, ad indicare una “tavola di legno” da usare come ponticello su un piccolo corso d’acqua. L’esame del contesto invita a rimanere nella lectio vulgata (come nel Petrocchi).

Poggia: p. “è una fune che tiene l’uno capo de l’antenna che tiene la vela pendente; e per questa poggia dà ad intendere lo lato destro de la nave” (Buti). In Pg xxxii 117.

Privado: “latrina”, “pozzo nero”: il termine, che negli antichi testi compare per lo più nella forma –to, si registra soltanto in If xviii 114.

Quadrello: nel senso proprio di “freccia” in Pd ii 23, oltre che nel Fiore (xxix 14, lxxi 14).

Rizzatoio: “drizzacrine”, cioè pettine d’avorio o d’osso, appuntito da una parte, usato per spartire i capelli in mezzo alla testa (Fiore, lii 12).

Scuriada: sferza, frusta di cuoio per incitare i cavalli. Dal latino tardo excorrigiata, da corrigia; in Salimbene “scuriata”. I codici settentrionali tramandano forme analoghe: scoriada, scorriata; l’uscita del Landiano, scorrigiada, è più vicina all’etimo.

Spuntone: arma costituita da un’asta con un lungo ferro quadro, e non molto grosso, ma con punta acuta”. Ricorre due volte nel Fiore, come simbolica arma di pietà (vii 14, cviii 9).

Staio: dal latino sextarius, la sesta parte del congio; indicava un’unità di misura di capacità per grano e altri aridi, e per traslato, il vaso con cui si effettuava tale misurazione (Cv IV xi 8, Pd xvi 105, Pg xii 103-105).

Stocco: spada lunga ed aguzza, particolarmente adatta al tocco di punta (Rime Dubbie, v 17).

Stregghia: allotropo toscano e centro-meridionale di “striglia”, strumento di ferro per la pulizia di cavalli e bovini, usato da Dante nell’espressione “menare s.” (If xxix 76).

Tagliata: termine del linguaggio militare, che indicava un’opera di difesa fatta d’un fosso con parapetto di terra e di alberi tagliati, al fine di difendersi, o di ritardare la marcia del nemico (Fiore, cxvi 7).

Uncino: propriamente, è un arnese terminante con una serie di punte metalliche ricurve e inserito in cima a un’asta; Dante chiama “raffi”, “roncigli” o “uncini” i rampini di cui sono armati i diavoli custodi della bolgia dei barattieri (If xxi 57, xxi 73, 86, xxii 69, 149).

Veggia: il termine, sinonimo antico di “botte”, si trova in If xxviii 22, riferito alla figura di Maometto.

Zappa: solo in Cv I viii 9.