17 – cavi, carbone e campionamento

Nel 1850 fu posato il primo cavo subacqueo internazionale del telegrafo fra Dover, nel Regno Unito, e Calais, in Francia.
In quello stesso periodo Elisha Otis inventò il freno di sicurezza dell’ascensore, che lo rendeva ragionevolmente sicuro per un uso anche da parte di utenti umani. Otis dovette dimostrare in prima persona, tagliando le corde dell’ascensore sul quale si trovava, il funzionamento della propria invenzione di fronte alla diffidenza delle persone.
L’Otis Elevator Company fu la creatura di Otis, e ancora oggi molti ascensori riportano sulla targhetta riassuntiva dei dati caratteristici il nome di quest’ultimo.
Nel 1854-66 Cyrus Field compì quattro tentativi di trasmettere con un cavo transatlantico, sino al successo.
Nel 1869 Charles Dowd propose le zone di tempo standard al fine di evitare gli incidenti ferroviari che erano in aumento come l’utilizzo dei treni per trasporto non più solamente dei, ma anche delle persone.
Le zone solitamente rispettavano i confini delle nazioni, ad accezione di quelle molto vaste come gli USA che furono divise in 4 parti.
Attraverso il lavoro di Sandford Fleming, l’idea fu accettata e le zone di tempo standard furono accettate universalmente con un trattato stipulato nel 1884.
Nel 1876 Alexander Graham Bell inventava il telefono. Parallelamente a lui, l’ingegnere Elisha Gray ne realizzò un altro esemplare. Le domande di brevetto di Gray e Bell raggiunsero l’ufficio dei brevetti lo stesso giorno, ma fu Bell a ricevere il brevetto; in seguito, l’azienda di Gray si trasformò nella Western Electric Manufacturing Company, che fu il braccio operativo dell’impero telefonico di Bell.
Nel 1877 Thomas Alva Edison inventava il fonografo, che per quanto poi soppiantato dal grammofono, mostrò una nuova possibilità: la registrazione e il successivo ascolto di suoni.

Tra il 1840-1860 il sistema ferroviario andava sviluppandosi negli Stati Uniti e in altri paesi, con problemi riguardanti il sistema che portavano a provocare incidenti. La causa principale di ciò era la scarsa comunicazione e la mancanza di precisione nella determinazione dell’ora.
In abbinamento alla linea ferroviaria fu così posto il telegrafo, con il quale il cammino ferrato visse in una sorta di simbiosi, che da un lato rendeva la manutenzione della linea telegrafica, e dall’altro consentiva una tempestiva informazione sugli orari dei convogli. L’unica avvertenza era considerare correttamente i cambiamenti d’ora cui andava incontro un treno che attraversava secondo una linea est-ovest (o viceversa) lo stato americano.

I primi esperimenti del telefono risalgono al 1854 da parte di Charles Borseul e Johann Reis, che nel 1861, tramite i suggerimenti del primo, riuscì a costruire un primo microfono a diaframma, che vibrando apriva un circuito elettrico.
Il problema principale per la costruzione del telefono era campionare il segnale originario in maniera precisa, ovvero trasformare le onde sonore della voce in impulso elettrico.
Nel 1876, grazie a Bell e Meucci, si riuscirono ad avere i primi telefoni efficaci.
I primi esemplari erano basati su deboli correnti elettriche che per la pressione della voce su una membrana, in un avvolgimento di filo sottile immerso nel campo magnetico di una calamita, non potevano percorrere molta strada; inoltre i sistemi avevano anche problemi sia in ricezione che in trasmissione.
La situazione migliorò notevolmente con l’utilizzo delle membrane vibratili, che adeguavano il proprio stato fisico in relazione al segnale di ingresso, traducendo in una vibrazione proporzionale il volume del tono. La vibrazione delle membrane metteva in movimento i granuli incapsulati di carbone che si trovavano in una capsula adiacente; i granuli del carbone formavano un contatto labile, ossia variabile secondo la disposizione spaziale del carbone medesimo.
I più importanti miglioramenti in questo senso si devono a Thomas Edison, che nel 1878 brevettò il proprio microfono a resistenza variabile.
Con il tempo il telefono andò via via a completarsi con diversi miglioramenti; una delle prime modifiche fu l’introduzione di una suoneria che avvertiva il corrispondente dell’intenzione di comunicare. Inizialmente si trattava di suonerie azionate dalle pile che alimentavano il telefono, mentre successivamente si passò alle suonerie polarizzate, che funzionavano tramite la corrente alternata generata da un piccolo generatore mosso da una manovella.
Si vide anche l’introduzione dei ganci di commutazione, il cui funzionamento prevedeva due situazioni: quando la cornetta era agganciata al gancio i fili erano commutati sulla suoneria, pronta così ad avvisare per una chiamata; quando poi si rispondeva alzando la cornetta, i fili commutavano sul circuito microfonico.
Bell si accorse subito che la grande diffusione del telefono fu dovuta al fatto che non erano richieste particolare conoscenze tecniche per utilizzarlo come era invece per il telegrafo.

Aliasing: E’ il fenomeno per il quale due segnali analogici, nell’elaborazione dei segnali, possono diventare indistinguibili se la campionatura avviene con frequenza quasi pari a quella del sistema.
A partire da punti campionati posso far passare più di una curva, portando così a un errore di campionamento.
Regola importante in questo senso è quella di Nyquist, per la quale la frequenza di campionamento minima per evitare il fenomeno dell’aliasing è almeno doppia di quella propria del segnale che deve campionare. Nell’immagine, le due curve, aventi frequenza 0,5 e 3,5 kHz, hanno la stessa ampiezza nel momento in cui vengano campionate ogni 0,25 ms (ossia con frequenza pari a 4 kHz); se invece l’intervallo di campionamento si abbassa a 0,125 ms (con frequenza pari a 8 kHz), i due segnali saranno interpolati e interpretati in modo diverso.

Innocenzo Manzetti, inventore del telefono/1

Ogni anno, il periodo estivo vede l’apertura di una mostra, dal titolo “Au fil del ondes – 150 ans de télécommunications en Vallée d’Aoste”. La mostra si tiene presso il comune di Avise (AO), e celebra soprattutto l’inventore del telefono, Innocenzo Manzetti, al quale è dedicata la piazza antistante la stazione ferroviaria di Aosta. Peccato che la sola affermazione indubitabile sia legata al nome della piazza.

Innocenzo Manzetti può indubbiamente essere definito come “genio”: nella propria pur breve vita (morì a 51 anni nel 1877) costruì un automa suonatore di flauto, un pappagallo volante in legno per la propria figlia, una pompa idraulica per la bonifica delle miniere, un tipo di telescopio, una sorta di bicicletta e un tipo di pianoforte, oltre a una serie di strumenti utili alla propria professione di geometra.
Si cimentò anche nella realizzazione di un apparato per la trasmissione della voce umana a distanza. Chiamò tale apparecchio télégraphe parlant, e l’origine di tale applicazione è da ritrovarsi nella sua abitudine giovanile di utilizzare un cappello à gibus per trasmettere, a mezzo di una corda, il suono della propria voce.
Il telegrafo parlante creò una certa risonanza nei giornali italiani; tra il 1865 e il 1866 ne si ebbe notizia in numerosi: “L’indépendant” di Aosta, “Il Diritto” di Torino, “La Feuille d’Aoste”, “L’Italia” di Firenze, “L’Eco d’Italia”, pubblicato a New York, il “Petit Journal” di Parigi, “Il Commercio” di Genova e “La Verità” di Novara. Tale diffusione non ebbe luogo per azione di Manzetti, uomo schivo, ma dei propri conoscenti. La poca attitudine alla formalizzazione dei propri progetti rese possibile la conoscenza del principio di funzionamento del telefono solamente grazie alla trascrizione a opera dell’amico dottor Pierre Dupont, oltre che alle notizie riportate dal canonico Bérard.
Lo stesso Antonio Meucci, portato a conoscenza dell’attività del tecnico Manzetti tramite la lettura de “L’Eco d’Italia” negli Stati Uniti, scelse di puntualizzare la propria posizione con una lettera, inviata sia al medesimo periodico sia a “Il Commercio” di Genova, nella quale poneva l’accento sulle proprie realizzazioni attorno alla trasmissione telefonica, iniziate sin dal 1849.
Il tono di Meucci, in ogni caso, era molto accomodante, con affermazioni del tipo “…non pretendo negare al Signor Manzetti la sua invenzione, ma soltanto voglio fare osservare che possono trovarsi due pensieri che abbiano la stessa scoperta e che unendo le due idee si potrebbe più facilmente arrivare alla certezza di una cosa così importante”, anche se il carteggio dello stesso scienziato toscano con l’amico Enrico Mendelari cercava di escludere ogni possibile forma di divulgazione dei risultati delle proprie ricerche.

Prima e dopo Manzetti. Da un punto di vista tecnologico, il telefono di Manzetti, pur essendo una realizzazione sviluppata in modo indipendente, non ha carattere di originalità.
Prendendo per buoni gli schemi presentati nel testo di Caniggia e Poggianti (Mauro Caniggia, Luca Poggianti, Il Valdostano che inventò il telefono: Innocenzo Manzetti, Aosta : Centro Studi De Tillier, 1996), che a loro volta derivano dalle note del dottor Dupont, si possono compiere alcuni confronti che motivano questa affermazione.

Il confronto con il telefono di Meucci. Il primo confronto è con il telefono di Meucci, che si prese la briga di puntualizzare le proprie precedenze con le lettere a cui si accennava. La fondamentale differenza tra il “trovato” di Meucci e il “telegrafo parlante” di Manzetti è di tipo architetturale, addirittura archetipico.
Manzetti adopera un circuito che attua un campionamento della voce del tipo make-and-break: come già avveniva nel telegrafo, la voce provocava una commutazione del circuito dallo stato aperto a quello chiuso e viceversa, a seconda che la lamina metallica costituente il sistema di ricezione fosse colpita o meno dalla vibrazione originata dalla voce. Strutturalmente, tale circuito non può realizzare un campionamento a frequenza maggiore di quella propria della voce (attorno ai 3 kHz). In altri termini, a fronte di un segnale che varia circa 3000 volte all’interno di un solo secondo, si “preleva” il valore del segnale un numero di volte paragonabile al primo.
Ciò significa che non si trasmette fedelmente il segnale vocale: sarebbe come voler certamente trovare una persona che si ferma per tre ore (non si sa quali) al giorno in un luogo soffermandoci noi stessi in quel luogo per tre ore (scelte a caso) nella giornata.
La figura qui sotto (tratta da http://pcfarina.eng.unipr.it/) dà un’idea più precisa dei rischi di un campionamento a frequenze non sufficientemente elevate.
Campionando a 0,25 millisecondi (effettuando cioè una misura dell’ampiezza d’onda con una frequenza pari alla maggiore delle due frequenze d’onda) si hanno due possibili onde che passano per i punti misurati; campionando a una frequenza doppia (0,125 millisecondi) la possibile ambivalenza, o aliasing, scompare.

(continua)