03 – età dei metalli

Alle età della pietra seguono quelle dei metalli: il calcolitico (l’epoca nella quale si utilizza perlopiù il rame), l’età del bronzo (che, secondo le regioni, ebbe inizio tra il 1.700 e il 1.000 a.C., e terminò tra l’800 e il 500 a.C.), e l’età del ferro (grosso modo tra il 1.000 e il 500 a.C.). La variabilità delle date è ovvia, e dipende dall’adozione dei nuovi paradigmi da parte delle diverse popolazioni.

A fianco delle tecnologie metallurgiche, però, è la tecnica della scrittura a segnare il passaggio all’epoca storica: la possibilità di fissare su supporti stabili i numeri, le idee, i pensieri, permette all’uomo, anche senza volerlo, di raccontarsi. L’idea di tempi storici passa proprio per questa condizione.
I primi esempi di scrittura sono ancora una volta diversamente distribuiti: i più antichi reperti mesopotamici risalgono attorno al 3.200 a.C., quelli sumeri al 3.400, quelli della valle dell’Indo al 3.500; e oggi pare possibile definire come “scrittura” le iscrizioni su tavolette di terracotta rinvenute in Romania, nella valle del Danubio, datate con tutta probabilità sino al 5.400 a.C. Sulla valenza di questi reperti la comunità degli storici non ha però una visione univoca.

L’uomo aggiunge altri complementi materiali alla propria vita quotidiana: la terracotta è un materiale che gli permetterà, tra l’altro, la cottura degli alimenti; con i sistemi per la realizzazione dei tessuti, poi, come il filatoio e il telaio, sostituirà le pelli degli animali, sino a prima l’unico modo che aveva per coprirsi.
Il telaio passerà da essere una semplice cornice utile per distendere e rendere lavorabile il tessuto alla struttura che fondamentalmente è ancora oggi, con l’uso dei licci e della bocca d’ordito.
Altra tecnologia complementare all’agricoltura è quella legata alla gestione delle acque: dalla Mesopotamia e dalle altre zone dove la prima richiedeva una costante irrigazione si diffusero tecniche per la conduzione e il trasporto di una risorsa finita come quella idrica. Tra il 5.000 e il 3.000 a.C. norie e altri sistemi di sollevamento, ma anche canali e serbatoi, sono perfezionati, e permettono lo stoccaggio e lo spostamento dell’acqua.

L’agricoltura si diffuse particolarmente nelle aree a clima mediterraneo, caratterizzate da alternanza di estati calde, inverni freddi e stagioni intermedie umide. La vita dell’uomo fu pesantemente segnata dalle stagioni, con distinzione tra quelle nelle quali era necessario il suo lavoro e quelle nelle quali, di conseguenza, poté dedicarsi ad altre attività. Nascono le occupazioni artigianali, alle quali l’uomo si applicherà in modo continuativo quando disporrà di un sufficiente surplus alimentare.
Come si diceva, in corrispondenza del passaggio tra preistoria e storia si situa l’inizio delle lavorazioni dei metalli. Il primo metallo a essere utilizzato proficuamente fu il rame, e al momento attuale, salvo altri possibili ritrovamenti le cui datazioni ancora non sono unanimemente accettate, il primo reperto in rame noto è l’ascia di Ötzi, la mummia ritrovata sul ghiacciaio del Similaun (tra Italia e Austria) nel 1991, e risalente al 3.330 a.C. circa.
La scelta ricadde sul rame a partire dalla lavorazione del rame nativo, non così frequente in natura, ma utile per far prendere confidenza all’uomo a questo metallo, con il quale si fabbricavano utensili per battitura; poi, fu prodotto per mezzo di forni che raggiungevano temperature attorno ai 700° C. La produzione aumentò notevolmente quando ci si approssimò ai 1.000° C.
In maniera quasi casuale, poi, l’uomo comprese che “impurità” incluse nella fusione potevano essere alle volte dannose, come nel caso del piombo (che rende il prodotto della fusione troppo malleabile), e altre molto utili, come per lo stagno (che dava un risultato robusto e malleabile).
Il ferro, con il suo alto punto di fusione (1439° C) fu utilizzato per ultimo, anche se prima il “metallo celeste”, ossia il ferro nativo derivante dai meteoriti, era a disposizione e fu utilizzato da millenni.

03 – età della pietra

Sebbene i ritrovamenti fossili possano ancora retrocedere il (non da tutti condiviso) momento della comparsa dell’uomo sulla Terra, la porzione di tempo dalla quale il genere Homo esiste è, per ordine di grandezza, un millesimo di quella che vede una qualsiasi forma di vita sul nostro pianeta.
Allo stato presente si collocano i primi ominidi a circa 2 milioni di anni fa, ma ai fini della storia della tecnica occorre compiere un’ulteriore avvicinamento, considerando almeno l’epoca denominata come Paleolitico, o età “della pietra vecchia”.
Si suole far iniziare il Paleolitico circa 80.000 anni fa, quando l’uomo per la prima volta poté usare arnesi in pietra. Occorre però spostarsi di altri 40.000 anni per apprezzare una certa evoluzione degli utensili posseduti dall’uomo, ed entrare nel cosiddetto Paleolitico Superiore (quello precedente è, come ovvio l’Inferiore).

In questo periodo l’uomo si sostiene con le attività di caccia e raccolta, e può già disporre di un minimo ma efficace insieme di utensili:
– armi come archi e balestre (nei quali si ha la prima accumulazione di energia e una sorta di prima adozione del principio della leva);
– lance e fiocine per l’esercizio della caccia e della pesca;
– strumenti e armi da taglio, quali asce, coltelli e seghe;
– altri strumenti per l’abrasione, come i raschiatoi (essenziali nella lavorazione delle pelli);
– strumenti per l’asportazione di parti materiali, come mazze, punteruoli e pialle;
– strumenti complementari, ma ai quali sono legate attività particolarmente complesse se paragonate alle precedenti, come gli aghi in osso.

E’ rilevante notare come l’evoluzione biologica dell’uomo, in questi periodi ma sin dalle epoche precedenti, non sia andata nella direzione della forza fisica, quanto verso lo sviluppo dei lobi cerebrali, ciò che consentì all’uomo di adottare sorgenti esterne di energia per svolgere funzioni anche complesse e per le quali si rendeva necessaria una forza ben maggiore di quella che i soli muscoli dell’Homo sapiens potevano fornire.

Al Paleolitico segue (siamo attorno all’8.000 a.C., con variabilità secondo le aree) il Mesolitico, o “età della pietra di mezzo”. La “transizione mesolitica” vide per lo più dei perfezionamenti tecnologici, ma non solo:
– furono migliorati gli arnesi per la caccia e soprattutto per la pesca;
– furono perfezionati gli utensili per la carpenteria, come gli scalpelli, che furono declinati nei vari tipi di sgorbie, e la stessa ascia;
– furono utilizzati i primi mezzi di trasporto, basati sullo scivolamento sull’acqua (canoe, pagaie) o sulla neve (slitte).

Si attua poi la cosiddetta “rivoluzione del Neolitico”, con marcatore fondamentale lo sviluppo delle tecniche agricole. All’interno del Neolitico, pur sempre con una certa variabilità secondo la regione considerata (in ogni caso non si risale oltre il 5.000 a.C.), si ha il passaggio da preistoria a storia.
Guardando agli strumenti a disposizione dell’uomo del Neolitico, tutta la filiera agricola dispone di utensili nuovi: dalle zappe e vanghe per il dissodamento, agli strumenti da taglio per mietere le granaglie (nasce la lama ricurva del falcetto), a quelli da battitura per separare le parti commestibili da quelle erbose o protettive, sino alle prime macine.
E’ fondamentale notare che per produrre questi strumenti ne furono necessari degli altri, in particolare per dare le forme e per forare.
La struttura sociale degli ominidi, sin dall’inizio gerarchizzata in tribù, prende ad avere caratteri più familiari, poiché è la famiglia l’insieme all’interno del quale si svolgono i cicli produttivi. Una fase di espansione delle dimensioni minime dell’insediamento umano, invece, avverrà nel momento in cui si renderà necessaria una struttura complessa per attendere alle grandi operazioni idriche legate al diffondersi dell’agricoltura.

la storia del denaro / 2

(continua il post del 13/01/10)

2) Si diceva come, per la realizzazione di “moneta” (il termine è qui ancora usato nel senso esteso, e non designa i dischi metallici), la scelta ricadde su materiali che, per propria intrinseca scarsità, non potevano essere facilmente trovati. I metalli erano un’ovvia opzione, poiché uno stesso quantitativo di metallo puro (o quasi) ha sempre lo stesso peso, e dunque sono misurabili; poiché sono inalterabili rispetto a un insieme di sollecitazioni ordinarie (come gli agenti atmosferici e condizioni di pressione e temperatura non estreme); e poiché la loro rarità, in tempi antichi, era dovuta alle difficoltà legate al loro ottenimento. Tuttavia, anche altri oggetti preziosi si mostrarono utili al bisogno.

Sino alle soglie del I millennio a.C. non era frequente l’accumulo di ricchezza, perché non vi era molta possibilità di immagazzinarla stabilmente con qualsiasi mezzo. Spesso, ciò che un “ricco” guadagnava era speso a fondo perduto.
La situazione mutò quando, attorno al VII secolo a.C., nel piccolo regno della Lidia, in Asia Minore, furono coniate le prime monete (elektron, termine con il quale si designava anche la lega di oro e argento che si poteva trovare in natura in quelle regioni). Il loro peso, il loro titolo (la purezza, cioè, del metallo di cui erano costituite) erano garantiti dallo Stato: diventavano così universalmente (ove l’universo è l’ambito geografico di diffusione della moneta) possibili gli scambi. Anziché abbisognare dei tassi di interscambio tra ciascuna delle merci e tutte le altre (a quanti zucchini corrisponde un’oca? A quante oche corrisponde un carretto? E questo vale quanti sacchi di grano? Si ha un’idea di come, con questi passaggi, sia difficile stabilire il tasso di scambio tra grano e zucchini), basta il solo tasso di qualsiasi merce in riferimento alle monete.
Iniziano le contraffazioni: si ricorda la celebre dimostrazione di Archimede, che stabilisce peso e volume di una quantità di metallo con uno stratagemma, mostrando come quello che si pretendeva come oro fosse in realtà una lega di metalli meno nobili.
In questo periodo nasce anche il prestito (tra l’altro, in Grecia e in Mesopotamia i tassi di prestito erano compresi tra il 10 e il 40%!).

I tre metalli da sempre preferiti per il conio delle monete furono l’oro, l’argento e il rame (quest’ultimo, non tanto per il proprio valore, quanto per le proprietà che conferiva alle leghe nelle quali era immesso). Nei momenti di maggiore crisi economica, le zecche battevano moneta in leghe con una maggiore concentrazione di rame, ciò che causava alle volte una mancata accettazione del denaro metallico nelle transazioni economiche, poiché il valore nominale era maggiore di quello intrinseco.
Tra oro e argento, i metalli più importanti per la battitura delle monete, nel Medioevo europeo e islamico fu formalizzato un rapporto di interscambio, che permetteva la conversione delle monete in oro in una quantità di argento, e viceversa. Secondo la disponibilità del momento, l’apertura o la conoscenza di miniere per l’ottenimento dei due metalli, questo rapporto oscillò tra 1 : 10 e 1 : 12 per lungo tempo.

Tra i materiali non metallici, uno tra i più utilizzati per la realizzazione di titoli di scambio economico fu l’ossidiana, cristallo vetroso di origine vulcanica, da lunghissimo tempo utilizzato per la produzione di punte di frecce e lance, e perfetto per le proprie caratteristiche di inalterabilità e rarità (ovviamente nelle zone vulcaniche è rintracciabile più facilmente).

(continua)