Riparazioni spaziali

E’ notizia di qualche settimana fa la rottura delle tubazioni di un water closet. Fin qui nulla di strano, se non fosse che questo water closet è quello della Stazione Spaziale Internazionale. Questa orbita intorno alla Terra dal novembre 1998 ad un’altezza di circa 350 km, e dal novembre 2000 ha ospitato in modo continuativo almeno 2 astronauti.
Il problema è in questo periodo un po’ più pressante, per la contemporanea presenza di ben 13 astronauti nella stazione. Si aggiungono infatti ai 6 stabilmente a bordo i sette della navicella “Endeavour”, attualmente in orbita e “attraccata” alla SSI.

L’evento si era già verificato nel maggio del 2008 e nel luglio del 2009; in entrambi i casi gli astronauti ospiti si erano ingegnati per porre rimedio alla situazione (nel 2008 una pompa di ricambio era stata portata dal “Discovery”). In questa occasione si è dovuto ricorrere al bagno di riserva, quello della navicella russa Soyuz, ancorata anch’essa alla SSI. Gli astronauti americani fanno invece uso di quello sullo Shuttle “Endeavour”.
I due moduli “toilette” sono stati costruiti dall’agenzia spaziale russa; il loro costo è stato di diversi milioni di dollari, poiché non svolgono le sole funzioni di una toilette ordinaria. Anzitutto per l’assenza di gravità, alla quale si deve porre rimedio con aspirazioni molto precise. La presenza di sospensioni acquose nell’atmosfera della navicella, infatti, è lungi dall’essere innocua per i suoi abitanti, vuoi per la possibile contaminazione batterica, vuoi perché respirare aria satura di minute goccioline sferiche come quelle nelle quali si ripartisce un liquido in quelle condizioni può rivelarsi mortale: inalata quest’aria, la ventilazione polmonare non riesce a smaltire le goccioline, che saturano i bronchioli, provocando pericolosissimi enfisemi polmonari.
La seconda funzione fondamentale svolta dai moduli è il riciclo dei fluidi corporei umani, che vengono purificati per mezzo di carboni attivi e altri filtri, in modo da poter nuovamente essere utilizzati (ricordando un po’ la funzione delle tute degli abitanti del pianeta di Dune), fosse anche solo per essere elettrolizzati e dare luogo alla formazione di ossigeno.

Così, i Russi avrebbero perso smalto, quello che aveva consentito loro di risolvere in modo stilisticamente ineccepibile il problema dell’angolo di attacco all’atmosfera presentato dalle navicelle americane, la cui forma a tronco di cono le obbligava a manovre molto precise per presentare correttamente le superfici schermate dai materiali refrattari. I Russi realizzarono le capsule (l’esempio è quello della “Vostok”) in forma sferica, sbilanciandole secondo un certo angolo grazie a un’opportuna distribuzione dei pesi.

Ora, situazione contingente a parte, nel corso del 2010 è previsto l’arrivo del modulo “Node 3”, costruito dall’Agenzia Spaziale Italiana (Alenia Spazio) per conto della NASA. Il modulo ottimizzerà la funzione di riciclo dei liquidi e la produzione di ossigeno, analizzando di continuo l’aria presente all’interno della stazione per evidenziare la presenza di sostanze tossiche.
Soprattutto, però, il “Node 3” disporrà di un nuovo modulo toilette. Gli Italiani batteranno i Russi in ritirata?

Dune e body scanning

Forse Gordon Matthew Thomas Sumner non ebbe mai capigliatura più fiammante. Nel film Dune (1984) apparve nel ruolo di Feyd-Rautha Harkonnen, delfino del barone Raikonnen nella trasposizione cinematografica della saga di Frank Herbert (1965). Sting nella pellicola ha un ruolo da coprotagonista, essendo il cattivo; la parte predominante del buono, che vince in un classico scontro inter pares, è di Kyle MacLachlan, alter ego visuale (non si può dire “musa”) di David Lynch in diverse realizzazioni, tra cui Twin Peaks e Blue Velvet).
Vi è però un altro cattivo, ancor più rappresentativo e ancora più “linchiano”, vera nemesi del khalos e agathos, del “bello e buono” (ossia, bello perché buono e viceversa, in una mutua condizione di necessità e sufficienza), un prototipale “brutto e cattivo”, al limite del grottesco: il barone Vladimir Harkonnen (interpretato da Kenneth McMillan). Gonfio e purulento in volto, il barone non è calvo, ma è come se lo fosse, essendo i suoi capelli appendice quasi insignificante. Porta una divisa certamente sporca, un tempo pomposa, sotto la quale fasce leggere di cuoio sembrano talvolta essere cucite sull’epidermide. Il suo ventre enfio parzialmente visibile mostra appendici bio-meccaniche, probabilmente sorte di pacemaker a regolarne qualche funzione vitale; non certo armi.
Di armi di qualunque genere, dimensione, proprietà, pericolosità, sono invece da anni in cerca gli operatori della sicurezza negli aeroporti di tutto il mondo. Usano i dispositivi che ben conosciamo per rintracciare prevalentemente oggetti metallici (è arcinoto che i coltelli di materiali ceramici non sono avvertiti da queste scansioni), scovandoli sotto i vestiti e permettendo la loro identificazione/rimozione.
Con l’evoluzione delle armi e degli esplosivi, però, il controllo radiogeno pare non essere più sufficiente per coprire uno spettro significativo delle varietà tecnologiche. Si pone così come oggetto del desiderio di molte amministrazioni aeroportuali il cosiddetto “body scanner“, un macchinario che consente la visualizzazione molto precisa del corpo del passeggero.
Si parla molto di uso morboso di questo strumento, che consentirebbe di fruire di uno spettacolo pornografico a buon mercato, e soprattutto candid, ma le forme glabre e androidi, luminescenti e azzurrastre, restituite a schermo dallo strumento richiamano più quelle del barone Harkonnen che altre.

Esistono oggi due nuove tipologie di analizzatori:

1. a raggi X. Sono inviati da una sorgente, cosicché quelli riflessi e quelli rifratti (ossia la porzione che penetra il corpo umano) possano essere misurati. Il passaggio di una persona sotto questo sistema le comporta un’emissione non trascurabile di radiazione, pari, secondo la SIRM (Società Italiana di Radiologia Medica) a quella ricevuta in due ore di volo transoceanico (ad alta quota è presente una quantità di radiazioni ben maggiore di quella al suolo);

2. a onde millimetriche. Si tratta di onde con una frequenza dell’ordine del terahertz (10^12 hertz). Vista la loro modulazione, sempre con riferimento a quanto affermato dalla SIRM, si può affermare che la quantità di radiazione elettromagnetica ricevuta dal passeggero durante il controllo sia circa un decimillesimo di quella proveniente da una chiamata media al cellulare.
I dati non sono ancora certi; sono poi in corso numerose sperimentazioni, a tutela della salute dell’uomo (ma intanto sistemi di questo tipo sono stati venduti in massa nell’ultimo periodo).
In altre parole, si pensa che le onde emesse abbiano frequenza tale da non interagire con le cellule, variandone caratteristiche, temperatura e quant’altro. Ma la certezza è di là da venire…