
La tecnologia delle armi da fuoco ha origine in Cina, dove prima che altrove (la tecnologia cinese, sino alla comparsa della “scienza elettrica” ha in numerosissime occasioni preceduto quella occidentale) si svilupparono le conoscenze necessarie alla produzione della polvere nera, menzionata in un testo del 1044.
Solo verso l’inizio del xiv secolo, all’epoca di Dante, passando per il mondo arabo, la polvere da sparo arrivò in Europa. La sua disponibilità permise lo sviluppo della tecnologia delle armi da fuoco. Nello stadio iniziale del loro sviluppo queste avevano effetti più deterrenti che pratici: spesso si rivelavano pericolose per gli stessi loro utilizzatori e potevano addirittura risultare fatali. Un esempio è dato dal “mostro di Urban”: un fonditore di campane ungherese, Urban, dopo essersi offerto all’impero bizantino, si schierò con gli Ottomani, per i quali lavorò durante l’assedio di Costantinopoli del 1453. Proprio in quell’occasione morì per l’esplosione di una delle sue creazioni, ed è ricordato per l’enorme bombarda detta “mostro di Urban” : lunga 8 metri, pesante 48 tonnellate, i suoi proiettili di granito avevano una circonferenza di 3 metri e un peso di mezza tonnellata. Per trasportarla erano necessarie 50 paia di buoi; una volta posizionata non veniva più mossa per molto tempo, e aveva una cadenza di fuoco molto bassa, non superiore ai 5-8 colpi al giorno.
Oltre alla poca efficacia distruttiva, i pezzi d’artiglieria cinquecenteschi potevano essere pericolosi per i propri stessi utilizzatori, per via dell’alto rischio di esplosione. La tecnica metallurgica, pur migliorata, non garantiva fusioni sempre perfette, specie per i pezzi di grandi dimensioni. Una cricca, un difetto, un’inclusione di elementi che indebolivano la struttura, potevano risultare nella deflagrazione del cannone. Gli “scoppiettari”, addetti all’accensione dello stoppino dei cannoni, erano tenuti alla confessione prima delle battaglie, ed era fatta loro assoluta proibizione di formulare giuramenti.
Essendo l’arma da fuoco un oggetto al limite delle capacità e delle conoscenze tecnico-scientifiche del tempo, la sua produzione si rivestiva quindi di un carattere quasi esoterico: oltre che riccamente adornata e decorata, essa veniva anche benedetta e le era conferito un nome, al fine di ingraziarsi la divinità.
Le pratiche scaramantiche dei produttori e degli utilizzatori dei cannoni ricordano, per molti aspetti, quelle operate dal pontifex maximus romano, ossia la figura politica che si occupava della gestione amministrativa delle opere civili nell’antica Roma.
Il pontifex, infatti, godeva non solo un potere di ordine amministrativo-gestionale, ma si occupava anche del corollario di pratiche religiose che seguivano la costruzione di ponti e grandi infrastrutture in generale: scongiuri, sacrifici e altri gesti apotropaici e divinatori per cercare una sicurezza mistica che la scienza e la tecnologia del tempo non potevano assicurare completamente.
