i cablogrammi, questi sconosciuti

L’affaire Wikileaks ha riportato alla ribalta un termine che si direbbe piuttosto desueto, quello di “cablogramma”. La parola si riferisce a una tecnica che prevedeva la trasmissione di messaggi cifrati (con elementi punti e linee) attraverso cavi, in particolare sottomarini. La tecnica ebbe fortuna per tutta la Seconda guerra mondiale, quando era uno dei metodi più sicuri per la comunicazione di importanti informazioni. A differenza dei segnali radio, che per definizione compiono il broadcast, ossia la diffusione del segnale nella parte percorribile dell’intorno sferico circostante, e che quindi potenzialmente possono essere rivevuti da tutti coloro i quali si dotino di un ricevitore regolato sulla giusta frequenza, la trasmissione via cavo garantisce la privatezza del mezzo, oltre alle possibili crittazioni compiute sul messaggio.
Al tempo dei cablogrammi, un marconista ascoltava in cuffia i segnali (punti e linee) inviati per mezzo del cavo, e li trascriveva su foglio. Sul messaggio si operava poi la decrittazione del caso.
Ancora durante la crisi missilistica cubana, l’ambasciatore russo a Washington, Anatoly Dobrynin, trasmise a Krushev la sintesi dei colloqui con gli Americani, con questo mezzo. Il cablogramma, semplicemente cable in inglese, fu portato alla sede della Western Union, (che giusto 150 anni fa completava la prima linea telegrafica transcontinentale in Nord America) da dove sarebbe stato dispacciato, da un fattorino in bicicletta.
Attualmente il termine non ha più lo stesso significato tecnologico; un cablogramma è in definitiva un messaggio di posta elettronica, istradato secondo regole molto rigide, magari con una crittografia di un certo tipo sui dati, ma pur sempre un messaggio di posta elettronica. La distinzione da un messaggio ordinario non si basa più sul mezzo di trasmissione, ma sulle modalità di trasmissione, ovviamente a parità di mezzo.