ancora Amazon (e Gregory Zorzos)

Provate a inserire su Amazon.com – non l’ho fatto nella versione italiana – “silvio berlusconi” (le maiuscole in questi casi non contano), e vedete che viene visualizzato. In un post precedente si erano finte delle ipotesi sulle associazioni tra prodotti venduti sul sito, ma qui il risultato interessante sta nella lista dei libri ottenuti con la ricerca diretta.
Oggi all’undicesimo posto salta fuori un Day-by-day detail predictions of the Silvio Berlusconi life at 2011, peraltro alla modica cifra di 44 dollari e 26 centesimi nella sua versione Kindle, a opera di Gregory Zorzos, che per quanto mi riguarda è un illustre carneade. Ho quindi cliccato sul link correlato al suo nome, e le note biografiche che ne sono sortite hanno dello sbalorditivo. Eccole:

Gregory Zorzos, a native Hellene, was born in Kallithea, Athens in Greece (Hellas) at 1958. Author and his research work have been distinguished by a lot of official organizations, and Ministries, in Greece and all over the world.
The author has published more than 4,150,000 books, ebooks, board games, DVDs, cdroms, DVDroms, music Audio CDs, MP3s, epubs, notation files, documentaries, etc and many more are unpublished, about ancient and modern history in the fields of economics, technical, board games, martial arts, software, love affairs, feasibilities studies, research, case studies, learning languages, logodynamics, inner research etc.
As a reporter, from his teens, the author has written many articles in many newspapers, magazines etc. and was editor in chief in some of them.

Senza perderci nell’analisi sintattica, salta all’occhio l’iperbolico (uno direbbe flabbergasting) numero di pubblicazioni: quattro milioni e centocinquantamila. Quattro milioni e centocinquantamila siginfica circa una ogni quattro secondi e mezzo, considerando l’inizio dell’attività del prolifico elleno (mica semplicemente greco o ellenico, sentenzia la traballante biografia) a 18 anni, e ininterrottamente sino a oggi, giorno e notte. Ok, ammettiamo sia un errore.
L’uomo 2.0 a questo punto si rivolge all’oracolo. Serve dire quale? Fatto sta che come primo risultato salta fuori una nota biografica presente sul sito writers.com, appena più estesa della precedente, che anzitutto ci segnale che l’elleno è stato Presidente del Comitato Storico di moltre federazioni di arti marziali quali Pankration, Pammachon, Alindisis, Soma, Dielkistinda, Hoplomachia, Sciamachia, Pyx Lax, Rassein (ove non vi è chi non ne conosca almeno una cinquina). Dunque si suppone che ciascuna di queste discipline abbia una propria storia, e questo non è strano, ma che soprattutto disponga di volontà e risorse per costituire un proprio comitato storico. Per quanto ci può interessare maggiormente, si riferisce pure che Zorzos vanta a propria firma più di 800 libri, 300 giochi da tavola e 200 cd/dvd-rom relativi ai più disparati campi dell’umano sapere.
Siamo esponenzialmente scesi a circa 23 libri l’anno, che vuol dire uno ogni due settimane. Quanto basta per collocarlo comunque al terzo posto nella classifica degli scrittori più prolifici di tutti i tempi. I due che lo sopravanzano peccano però per varietà di temi, se è vero che la prima, Mary Faulkner, scrisse per lo più libri sentimentali, ed il secondo, Lauran Paine, trattò con massima attenzione solo l’epopea western, dedicando addirittura 200 libri al solo Buffalo Bill.
Fanno la figura dei dilettanti Geogre Simenon (appena 500) e Alexandre Dumas padre (con soli 277 libri).
Il testo su Berlusconi, però, prevede il “Look inside” di Amazon, grazie al quale si possono vedere in anteprima molte pagine del testo selezionato. E qui si capisce che le 753 pagine firmate da Zorzos sono con tutta probabilità generate in massima parte da procedure automatiche di analisi del tema astrale, dei ritmi circadiani, del tasso di alcol nel sangue, dell’alternanza di vittorie e sconfitte del Milan, del prezzo medio delle escort a Milano, delle variazioni dell’inflazione, e di almeno un’altra cinquantina di parametri più o meno vitali.
Il punto è: a chi diamine può interessare di spendere una trentina abbondante di euro per un’opera del genere? Si tratta in fondo di un manuale tecnico, e passi che lo sia per persone non nel pieno delle proprie facoltà mentali o per… un attimo… ci sono.
Se volete sapere a chi può servire, date un’occhiata qui.

anche i grandi sbagliano

Che chiunque voglia mettersi a fare e-commerce debba obbligatoriamente dare un’occhiata ad Amazon, pare indubbio. Gli ormai 17 anni di esperienza a livello prima locale, poi nazionale, poi sovranazionale e infine globale, la creazione di un database con i dati relativi agli utenti, ai loro ordini, alle loro preferenze, associati con una classificazione molto fine degli oggetti in vendita, consentono alla creatura di Bezos di compiere una serie di operazioni di marketing in “push”, ossia consigliando in modo più o meno vivo l’acquisto di altri prodotti, scelti per rispondere nel miglior modo possibile alla profilazione dell’utente.
Come tutti i procedimenti di grana fine, tuttavia, a fronte di un comportamento ottimizzato da un punto di vista globale, queste operazioni risentono di imprecisioni locali, specialmente se le informazioni al loro contorno sono meno “dense”.
L’esperienza personale, per quanto puntuale e quindi insignificante da un’ottica complessiva, mostra in ogni caso i limiti delle correlazioni di cui di accennava sopra.
Mi è capitato così di cercare la lampadina di ricambio di un epilatore a luce pulsata Remington (magari in un altro post parlerò del suo funzionamento), poiché valutavo un suo possibile acquisto su Ebay.
Nell’immagine qui sotto (conviene aprirla per osservare meglio) si possono vedere gli articoli correlati alla lampadina proposti da Amazon. Il risultato è abbastanza risibile: sembrerebbe che tutti coloro che acquistano la lampadina mettano nel carrello anche Angeli e demoni di Dan Brown e i ricambi della brocca filtrante “Brita”. Poiché quindi, più che mai, tout se tient, si potrà ben immaginare l’acquirente in questione mentre si epila le ascelle (o altra peluria cutanea) leggendo Dan Brown, rinfrescandosi di quando in quando con la chiara, fresca e dolce acqua ottenuta dalla filtrazione dell’immondo prodotto di rubinetto cittadino.
Potrebbe quindi valere la spesa verificare le correlazioni di altri prodotti, quali salmoni o stoccafissi norvegesi (chissà che non si accompagnino a libri di Vespa), vibratori (magari trovando corrispondenza con opere di Odifreddi), o biografie napoleoniche (ça va sans dire, vedendo suggeriti gli scritti dell’ex-presidente del Consiglio).

i santuari della tecnologia (ovvero, cose che potresti fare in un museo dell’automobile)

Nulla da dire. Bella ristrutturazione. La sede storica del Museo Nazionale dell’Automobile “Biscaretti di Ruffia” (è “Ruffìa”, con l’accento sulla “i”, per fare i precisini) ha beneficiato di un restyling che ha visto l’assegnazione nel 2005 a un gruppo di aziende e il termine dei lavori nel 2011.
Oggi la hall principale del Museo è ornata da pannellature verticali metalliche, la cui traforatura potrebbe ricordare quella dei pedali delle auto da corsa. Gli ambienti sono stati pensati da un designer la cui opera è così descritta sul sito (http://www.museoauto.it/website/it/museo/storia-del-museo):

L’esperienza acquisita da Francois Confino in altri progetti simili (a Torino ha già allestito il Museo del Cinema), ha aiutato ad immaginare un concetto inedito che posizionerà il Museo di Torino all’avanguardia nel campo dell’arte di esporre le auto. Il filo conduttore sarà “l’auto osservata come creazione del genio e dell’immaginazione umana” e ciò, innanzitutto, al fine di far conoscere e di valorizzare l’immenso bacino di talenti, l’estro creativo, l’artigianalità e le capacità imprenditoriali esistenti a Torino ed in Piemonte.

Corfino ha compiuto un lavoro esemplare al Museo del Cinema, dove si entra negli ambienti che ricostruiscono le scene di film famosi. Si ha un piacere infantile quando ci si può sedere sui cessi che ricreano la scena della cena de Il fantasma della libertà di Luis Buñuel. Si possono vivere gli ambienti, si toccano le cose, si girano le manovelle, si è pienamente dentro il museo.
Niente di tutto ciò al Museo (Nazionale) dell’Automobile. Pur nei nuovi ambienti, pur disposte in una sequenza cronologica, pur vivacizzate da modellini in movimento, le (gli) automobili sono solo in mostra. Non le si tocca, e anche se non le separa dal visitatore il cordone rosso dei vecchi allestimenti, non si è invogliati a toccarle. E’ come essere in un autosalone, dove però il futuro acquirente non può sedersi al volante e mimare la sterzata, aprire la porta per poterla chiudere e apprezzare il rumore delle guarnizioni che aderiscono, sollevare il portellone posteriore e valutare la capienza del bagagliaio.
Clay McShane, professore di storia della tecnologia alla Northeastern University di Boston, una ventina di anni fa pubblicò alcune considerazini sul museo torinese (Exhibit Review of the Museo Dell’Automobile Carlo Biscaretti Di Ruffia, “Radical History Review”, 51, Fall, 1991, pp. 107-113) sostenendo che fosse paragonabile a una cattedrale, e di come lì fosse impossibile procedere a una critica (anche in senso neutro) dell’automobile, così come non si critica la religione in chiesa (l’articolo non lo trovo più, questo è quanto mi ricordo dalla sua lettura e da una conversazione con il professor McShane).
Almeno, nelle teorie di santi nelle basiliche bizantine, i canonizzati hanno peso e dimensioni in ragione della loro fama all’interno della chiesa; al Museo dell’Automobile non vi è nemmeno questo. Della Lancia Lambda, apparsa nel 1923 come la prima automobile nella quale il telaio a longheroni era stato rimpiazzato da una struttura in lamiera imbutita, per mezzo della quale la scocca della vettura diventava portante, nessuna segnalazione se non nome, produttore e periodo di produzione. Nessuno schema a supporto, nessun disegno progettuale, nessun video, nessuna animazione. Una vettura come le altre a fianco, tutto qui.
E ancora, siamo distanti da approcci come quello del Technomuseum di Mannheim, dove addirittura l’autovettura è esposta nel suo stato di incidentata – orrore! -, o di altri musei, che prevedono percorsi didattici interattivi. Il paradigma di riferimento è invece quello del Museo Egizio, dove un reperto della III dinastia non si tocca così come non si tocca uno del periodo copto, pur essendo i due separati da tremila anni. La Itala, rialzata dal pavimento, non è accessibile come non lo è l’esemplare della Tesla Motors, pur collocato a pavimento. Come se delle automobili contasse solo la forma esteriore.