08 – l’ora dei naviganti

All’inizio del xviii secolo si fece sempre più pressante il problema della determinazione della longitudine in mare aperto. Tale problema si percepì maggiormente nella navigazione transoceanica, dove uno scarto di pochi gradi poteva avere conseguenze disastrose sull’esito geografico del viaggio.
La latitudine è determinabile da osservazioni astronomiche, mentre per la longitudine è necessario conoscere l’ora esatta locale e quella di un meridiano fondamentale. Gli orologi del xviii secolo erano messi fuori uso dalle oscillazione delle navi per cui il governo inglese promosse lo studio di sistemi alternativi.

Nel suo Longitudine, Dava Sobel chiarisce con estrema capacità di sintesi il nocciolo del problema:

“Ogni marinaio un po’ avveduto può misurare la latitudine dalla lunghezza del giorno, dall’altezza del sole, dalle note stelle di riferimento sopra l’orizzonte. Cristoforo Colombo seguì una rotta quasi rettilinea attraverso l’Atlantico quando « salpò il parallelo » nel suo viaggio del 1492; e la tecnica l’avrebbe senza dubbio portato alle Indie se non si fossero messi di mezzo gli americani.
La misura dei meridiani di longitudine, invece, è influenzata dall’ora. Per calcolare la longitudine in alto mare bisogna sapere non soltanto che ora è a bordo della nave in un dato momento, ma anche che ora è, in quello stesso istante, nel porto di partenza o in un altro luogo di cui si conosca la longitudine. Le ore segnate dai due orologi rendono possibile al navigante la trasformazione della differenza oraria in distanza geografica. Poiché la Terra impiega ventiquattro ore per compiere un’intera rotazione di trecentosessanta gradi, un’ora equivale a un ventiquattresimo di giro, ovvero a quindici gradi. Quindi la differenza di un’ora tra la posizione della nave e il punto di partenza indica un avanzamento di quindici gradi di longitudine verso oriente o occidente. […] Quegli stessi quindici gradi corrispondono anche a una certa distanza percorsa. All’Equatore, dove la circonferenza della Terra è massima, quindici gradi vogliono dire mille miglia. A nord e a sud di tale linea, il valore di ciascun grado, misurato in miglia, diminuisce. Un grado di longitudine equivale a quattro minuti in tutto il mondo, ma in termini di distanza un grado si contrae dalle sessantotto miglia all’Equatore sino allo zero virtuale dei poli.”

Nel 1714 il governo britannico istituì un premio in denaro (20000 sterline) per chi avesse trovato un metodo abbastanza preciso e adatto per l’uso a bordo di una nave, per determinare la longitudine locale, o meglio per la determinazione delle coordinate locali nella navigazione in mare aperto.
Tra le proposte presentate al concorso, molte furono basate su tecniche astronomiche, ma ci furono anche quelle basate su considerazioni parascientifiche o pseudoscientifiche: i cani feriti bendati e posti sulle navi, e l’uso dell’unguentum armarium come mezzo per l’azione a distanza; si ricordano in questo contesto le opinioni illustri di Champlain e di Swift, che affermarono l’impossibilità per l’uomo di trovare una soluzione efficace per il problema della longitudine.

L’orologiaio John Harrison risolse il problema costruendo nel corso di quasi trent’anni di lavoro una serie di orologi meccanici adatti allo scopo. Presentò nel 1735 il suo primo cronometro di precisione, realizzando altri due prototipi nel 1739 e 1749, finché non giunse al modello definitivo nel 1759, sperimentato in due traversate atlantiche. Il cronometro fu anche usato da James Cook per il suo viaggio esplorativo nell’Oceano Pacifico meridionale.
L’H4 (“Harrison 4”) fu il modello definitivo presentato alla commissione; questa però non ritenne del tutto affidabile un sistema che non tenesse conto dell’osservazione astronomica ed accordò ad Harrison solo una parte del premio in palio, rimettendo la concessione della seconda metà del premio una volta che Harrison, al tempo quasi settantenne, avesse completato due ulteriori esemplari dell’H4.