07 – tempus fugit

Compiendo un salto di cinque secoli, si trova che nel xiv secolo gli orologi europei erano i più evoluti da un punto di vista tecnologico. Esploratori come Marco Polo invertirono il senso della diffusione, portando in Oriente le realizzazioni del Vecchio Continente.
Alla base dei sostanziali miglioramenti dei sistemi meccanici di misurazione del tempo si ebbero i meccanismi di scappamento, che permettono una regolazione del sistema.
La regolazione può essere definita come la modalità di condizionamento di una variabile di controllo in un sistema automatico. Nel caso degli orologi, il problema era di far rilasciare in modo non immediato, ma graduale nel tempo, l’energia contenuta in qualche sistema: anzitutto, dei pesi sospesi a corde arrotolate attorno a un asse orizzontale (è ovvio che se l’asse è libero di compiere delle rotazioni, i pesi fanno srotolare la corda che li regge, in modo quasi istantaneo), ma anche delle molle metalliche a spirale.
Il sistema dello scappamento a foliot, che risolse in modo più che soddisfacente il problema della regolazione, è costituito da una ruota dentata, con numero di denti dispari, che, messa in moto da un sistema di pesi, durante la sua rotazione batte alternativamente contro le due palette di un foliot (asta in equilibrio rotante, dotata di masse), che a loro volta imprimono una rotazione al medesimo asse al quale sono fissate. Questo movimento oscillante permette la regolazione del movimento dell’asse primario (quello al quale sono appesi i pesi). Il movimento alternato del congegno mira a far sì che l’energia potenziale iniziale, dovuta all’avviamento dell’orologio, trasformatasi poi in energia cinetica, sia dilazionata nel tempo.

Il sistema permette anche una taratura: i bracci del foliot hanno un profilo scanalato, sul quale è agevole collocare i pesi che fanno variare con la propria posizione il momento d’inerzia del sistema. Questa grandezza influisce sulla velocità di rotazione (più propriamente occorrerebbe parlare di velocità angolare, poiché l’asse del foliot ha un movimento alternato, e non compie rotazioni complete), per la costanza del momento angolare, essendo pari a zero quello risultante delle forze applicate, quali la forza di gravità e le reazioni vincolari. Il momento angolare è poi pari al prodotto del momento d’inerzia per la velocità angolare; così, quando si distanziano i pesi dall’asse, il momento d’inerzia dello scappamento a foliot aumenta mentre, affinché il momento angolare non vari, la velocità angolare diminuisce.

La realizzazione di simili congegni passa per un perfezionamento nella produzione dei manufatti metallici. Non è un caso se proprio in questo periodo (si parla del xv secolo) i miglioramenti in campo metallurgico, e in particolare nelle tecniche di fusione del bronzo, consentirono sia la possibilità di produrre orologi meccanici sufficientemente precisi, ma anche campane e cannoni (i primi orologi erano costituiti per lo più proprio in bronzo). Per questi due ultimi manufatti, se è vero che non era richiesta la precisione per un accoppiamento meccanico con altri manufatti, era di fondamentale importanza la precisione nella fusione, ossia l’ottenimento di una colata omogenea per caratteristiche fisico-chimiche. Ciò fu possibile con il raggiungimento di temperature elevate dei forni dovuto alla scoperta di combustibili (carbone fossile in luogo di quello di legna) con potere calorifico maggiore, ma anche con la possibilità di costruire dei camini di maggiore altezza. A loro volta, le alte temperature dei forni favorirono l’assenza di cricche nei pezzi prodotti per fusione.

03 – età dei metalli

Alle età della pietra seguono quelle dei metalli: il calcolitico (l’epoca nella quale si utilizza perlopiù il rame), l’età del bronzo (che, secondo le regioni, ebbe inizio tra il 1.700 e il 1.000 a.C., e terminò tra l’800 e il 500 a.C.), e l’età del ferro (grosso modo tra il 1.000 e il 500 a.C.). La variabilità delle date è ovvia, e dipende dall’adozione dei nuovi paradigmi da parte delle diverse popolazioni.

A fianco delle tecnologie metallurgiche, però, è la tecnica della scrittura a segnare il passaggio all’epoca storica: la possibilità di fissare su supporti stabili i numeri, le idee, i pensieri, permette all’uomo, anche senza volerlo, di raccontarsi. L’idea di tempi storici passa proprio per questa condizione.
I primi esempi di scrittura sono ancora una volta diversamente distribuiti: i più antichi reperti mesopotamici risalgono attorno al 3.200 a.C., quelli sumeri al 3.400, quelli della valle dell’Indo al 3.500; e oggi pare possibile definire come “scrittura” le iscrizioni su tavolette di terracotta rinvenute in Romania, nella valle del Danubio, datate con tutta probabilità sino al 5.400 a.C. Sulla valenza di questi reperti la comunità degli storici non ha però una visione univoca.

L’uomo aggiunge altri complementi materiali alla propria vita quotidiana: la terracotta è un materiale che gli permetterà, tra l’altro, la cottura degli alimenti; con i sistemi per la realizzazione dei tessuti, poi, come il filatoio e il telaio, sostituirà le pelli degli animali, sino a prima l’unico modo che aveva per coprirsi.
Il telaio passerà da essere una semplice cornice utile per distendere e rendere lavorabile il tessuto alla struttura che fondamentalmente è ancora oggi, con l’uso dei licci e della bocca d’ordito.
Altra tecnologia complementare all’agricoltura è quella legata alla gestione delle acque: dalla Mesopotamia e dalle altre zone dove la prima richiedeva una costante irrigazione si diffusero tecniche per la conduzione e il trasporto di una risorsa finita come quella idrica. Tra il 5.000 e il 3.000 a.C. norie e altri sistemi di sollevamento, ma anche canali e serbatoi, sono perfezionati, e permettono lo stoccaggio e lo spostamento dell’acqua.

L’agricoltura si diffuse particolarmente nelle aree a clima mediterraneo, caratterizzate da alternanza di estati calde, inverni freddi e stagioni intermedie umide. La vita dell’uomo fu pesantemente segnata dalle stagioni, con distinzione tra quelle nelle quali era necessario il suo lavoro e quelle nelle quali, di conseguenza, poté dedicarsi ad altre attività. Nascono le occupazioni artigianali, alle quali l’uomo si applicherà in modo continuativo quando disporrà di un sufficiente surplus alimentare.
Come si diceva, in corrispondenza del passaggio tra preistoria e storia si situa l’inizio delle lavorazioni dei metalli. Il primo metallo a essere utilizzato proficuamente fu il rame, e al momento attuale, salvo altri possibili ritrovamenti le cui datazioni ancora non sono unanimemente accettate, il primo reperto in rame noto è l’ascia di Ötzi, la mummia ritrovata sul ghiacciaio del Similaun (tra Italia e Austria) nel 1991, e risalente al 3.330 a.C. circa.
La scelta ricadde sul rame a partire dalla lavorazione del rame nativo, non così frequente in natura, ma utile per far prendere confidenza all’uomo a questo metallo, con il quale si fabbricavano utensili per battitura; poi, fu prodotto per mezzo di forni che raggiungevano temperature attorno ai 700° C. La produzione aumentò notevolmente quando ci si approssimò ai 1.000° C.
In maniera quasi casuale, poi, l’uomo comprese che “impurità” incluse nella fusione potevano essere alle volte dannose, come nel caso del piombo (che rende il prodotto della fusione troppo malleabile), e altre molto utili, come per lo stagno (che dava un risultato robusto e malleabile).
Il ferro, con il suo alto punto di fusione (1439° C) fu utilizzato per ultimo, anche se prima il “metallo celeste”, ossia il ferro nativo derivante dai meteoriti, era a disposizione e fu utilizzato da millenni.