Genealogia delle macchine che contano – 01

Inizio a raccogliere qui qualche spunto per la compilazione di una genealogia delle macchine da calcolo, dalla Seconda guerra mondiale in poi. Questa è la prima puntata. Ne seguiranno altre, in apparente ordine casuale. L’apparenza spesso non inganna.
Con questa soluzione, proposta dall’ottimo Kickstarter, e chiamata Brydge (vorrei conoscere il tasso alcolemico del responsabile marketing che ha accettato questo nome, soprattutto in tempi di Internet), come grazie a molte altre, è possibile trasformare un iPad in una codsa simile a un pc. Secondo quanto riportato su Apple HD Blog,
“E’ realizzato in alluminio aerospaziale ed è stato progettato per adattarsi insieme al tablet in modo tale che sembrino due parti dello stesso dispositivo”.
Proprio non lo vogliamo, questo tablet. Ci giriamo attorno, ma come Montanelli conosceva bene il potere impalpabile della pressione dei tasti sulla sua “Lettera 22”, così noi siamo gutebnberghianamente legati alla corrispondenza tra gesto meccanico (si badi, diverso dal touch) e comparsa di segnale alfanumerico sul supporto di visualizzazione, carta o schermo che sia.

l’iPad, il riscaldamento globale e l’entropia

Prima o poi qualcuno farà il calcolo (non ne ho voglia) dell’effetto generato dalle maggiori temperature sviluppate dall’iPad 3 sul global warming. Ma prima ancora, non avevo mai percepito un tale interesse nei confronti del calore generato da un processore. Il sito olandese Tweakers parla di un aumento da 28,3 (temperatura di lavoro dell’iPad 2) a 33,6 gradi (Celsius, ça va sans dire) della nuova versione del dispositivo prodotto dalla Apple.
Colpito da tale sostanza numerica, svolgo alcune riflessioni:
– l’iPad potrebbe utilmente svolgere funzioni di riscaldamento casalingo (cosa che dà il là a una possibile lista delle “cose che non puoi fare con un quotidiano ma con l”iPad sì”, dopo le “cose che non puoi fare con l’iPad ma con un quotidiano sì“);
– mettere ordine nelle cose che ci circondano, sia che ciò avvenga ritirando abiti in un armadio, dividendo pietruzze per colore, usando un calcolatore per scrivere un blog o un tablet per organizzare dei segnali radio in notizie quotidiane, significa combattere (localmente) l’entropia. Poiché però questa simpatica grandezza deve sempre aumentare allorché spostiamo il nostro punto di osservazione da locale a globale, ecco che avere una maggiore potenza di calcolo, capace quindi di fare più ordine attorno a noi, significa che da qualche parte ci sarà maggiore disordine. E, a prescindere dal disordine che può essersi creato durante la costruzione di un iPad (sul quale non mi dilungo molto, ma che è commisurato alla quantità di CO2 prodotta), maniera preferenziale per esprimersi da parte del disordine è il calore. Quindi, in assenza di salti tecnologici particolari (come potrà essere, ad esempio, il calcolatore quantistico), a maggior potenza di calcolo corrisponde maggior calore emesso dai circuiti per effetto Joule;
– secondo una sensazione che dovrei verificare con un termometro (ma non credo che infilerò mai un termometro a mercurio in qualche orifizio del mio notebook, vedasi una presa RJ-45), la temperatura di 33,6 gradi è comunque inferiore a quella generata da un laptop di uso comune;
– risultato di tutte queste elucubrazioni, con buona probabilità, è solo un piccolo contributo all’entropia del nostro pianeta; un sano ozio sarebbe forse stato più proficuo.