Batman ritorna alla televisione

L’accumulazione di tecnologia nella trilogia – per ora – de Il cavaliere oscuro, iniziata nel 2005 con Batman Begins, proseguita nel 2008 con l’omonimo Il cavaliere oscuro e da poco perfezionatasi con Il cavaliere oscuro – Il ritorno assomiglia a quella cui eravamo abituati con i film di 007. Là era Q a dotare James Bond degli ultimi ritrovati; qui, in modo smaccatamente simile, è Lucius Fox (interpretato da Morgan Freeman) a curarsi delle attrezzature dell’uomo pipistrello, L’elenco è copioso: la Batwing”, tagliaerba ingrandito e modificato per renderlo atto al volo; il “Batpod”, motocicletta che invece di sgommare ruota verticalmente di 90 gradi l’asse di rotazione delle ruote; i “Tumbler” (gli automezzi-autoblinde), che essendo apparsi già nel primo film, di nuovo ormai hanno solo la livrea mimetica, in quanto si deve giustificare anche cromaticamente il loro uso da parte dei nemici di Batman, gli accoliti di Bane; il fucile a impulsi elettromagnetici (o almeno, una cosa che gli assomiglia), peraltro dotato di elementi luminosi che fanno pensare a una tecnologia simile a quella delle valvole termoioniche. Il resto sono specie di shiruken a forma di pipistrello, verricelli fissati alla cintura, la corazza in kevlar e gli occhiali per la vista notturna, mentre l’oggetto del contendere è un reattore capace di produrre la fusione nucleare, peraltro tracciato con ordinari apparati GPS.

Così, i “regalini” di Q a 007 di quarant’anni fa sono ben più immaginifici, poiché mostravano funzionalità ancora non presenti sul mercato, e in qualche caso nemmeno disponibili ai più moderni degli eserciti. I laser, gli esplosivi miniaturizzati, gli orologi con i verricelli, i dentifrici mortali… Sean Connery e Roger Moore hanno avuto delle premières di ben altro rango.
Se però Batman non eccelle per precognizioni tecnologiche, vi è un manufatto ben presente nel film, che addirittura acquista rilevanza topica, e che dà un certo tono retrò alla vicenda: il televisore. E’ attraverso il televisore che Bruce Wayne apprende, dalla prigione-pozzo nella quale è stato gettato, dello scempio che il suo nemico Bane sta compiendo di Gotham City; è da un telegiornale che il miliardario Daggett, supporter dello stesso criminale, sa del ritorno di Batman. E quando il commissario Gordon deve cercare di diffondere notizie vitali per la città, non le “twitta”, ma cerca una telecamera (sic!).
Possono esservi ragioni commerciali dietro tale scelta; certe azioni sono forse troppo identificabili e renderebbero pubblicità (forse gratuita) a uno dei pochi grandi social network; tuttavia, che il televisore debba ancora essere utilizzato come espediente scenico nel ruolo di ciò che per definizione dà le notizie più importanti è sintomatico di quanto, pur con la crescita di Internet, pur con l’avvento dell’IoT (Internet of Things o Internet delle Cose), e in generale con la diffusione dell’informazione su supporti sempre più diffusi e diversificati, la fiducia nella selezione dell’informazione, al postutto, sia data alle convenzionali redazioni, e non già alla capacità critica più facilmente impiegabile (poi i risultati non sono assicurati, per carità) nella fruizione della Rete.
Questo dà la misura di quanto una “primavera americana”, a oggi, sarebbe largamente inattuabile. A meno che gli statunitensi non prendano lezioni di comunicazione dagli egiziani.

04 – viva la revolución!

Un potente mezzo per dividere in filoni di grande respiro la storia della tecnologia è la scansione di José Ortega y Gasset, filosofo spagnolo che nel 1933 (in occasione di una conferenza presso l’università di Santander, presente in José Ortega y Gasset, Meditacion de la Técnica y otros Ensayos sobre Ciencia y Filosofia, Madrid : Alianza Editorial, 1982) sintetizzò l’evoluzione delle epoche della tecnica nella seguente tripartizione: vi fu anzitutto la tecnica del caso (técnica del azar), nella quale le realizzazioni tecniche dell’uomo furono reperite casualmente, come nel caso del fuoco mantenuto da quello acceso da un fulmine, o con tutta probabilità le prime conoscenze in campo metallurgico, che forse derivarono dall’osservazione dei prodotti di focolari destinati alla cottura dei cibi.
Con l’organizzazione in villaggi prima, in città poi, prese a diffondersi una seconda modalità tecnica, che Ortega y Gasset definisce técnica del artesano, volendo con questo dire che colui che attende alla produzione la svolge “verticalmente”, ossia dal reperimento delle materie prime sino alle rifiniture del prodotto finale. Costui trasferisce il proprio sapere in modo diretto, a un cosiddetto apprendista, che lo segue per il tempo sufficiente durante l’esecuzione dell’attività, al fine di assimilarne i metodi e, in qualche caso, i segreti. L’artigiano fa.
Segue poi la técnica del técnico, nella quale il tenutario delle informazioni tecniche può anche non essere una persona, ma un supporto fisico, quale una tavoletta di cera, un manuale, un disegno o un diagramma. Il tecnico non svolge tutte le operazioni necessarie al completamento del prodotto finale, ma sa far fare, dunque coordina, dirige, progetta. Le radici di questo paradigma stanno già nelle grandi realizzazioni tecniche medievali (si pensi alla cupola del Brunelleschi a Firenze), ma sarà solamente con la Rivoluzione Industriale che si entrerà propriamente in questa partizione: le macchine, infatti, sono l’oggetto tecnico fondamentale, che compie le operazioni, ma, ad esempio, provvede eventualmente alla realizzazione di altre macchine.
Oltre la scansione di Ortega y Gasset, la successiva fase potrebbe essere definita come la “tecnica della comunità”, con particolare riferimento alle tecnologie informatiche, che specie dopo l’avvento di Internet prevedono una collaborazione tra individui anche fisicamente molto distanti, ma soprattutto vede nuovi modi di trasferimento della conoscenza e di apprendimento.
Una partizione, si badi, non cancella completamente la precedente, ma vi si sovrappone per una certa parte, lasciando ancora alcune applicazioni al paradigma precedente.

Ed ecco un’ulteriore citazione dal filosofo spagnolo:

O animal é atécnico: se contenta em viver com o objetivamente necessário para o simples existir (…). Porém o homem é homem porque para ele existir significa, desde logo e sempre, bem-estar (…). Homem, técnica e bem-estar são, em última instância, sinônimos.

José Ortega y gasset, Meditación de la Técnica, “Revista do Ocidente”, 1957, p. 24.

Introduzione a Technoratio

In un breve tempo questo post finirà in basso, sepolto dagli altri. Ma è il punto di partenza. La storia procede in questo modo: gli eventi fondanti sono quelli più distanti, e per questo sono i più difficili da ricordare. Ugualmente, e forse in misura superiore, gli oggetti e i sistemi tecnologici presenti “sotterrano” quelli passati, che sono dimenticabili e dimenticati.
Il telefono con il compositore a disco è pressoché sconosciuto ai bambini che oggi frequentano la scuola elementare, eppure è l’apparecchio dal quale si sono sviluppati gli attuali cordless. Vale la pena ricordarsene per qualche motivo?
Facciamo una supposizione forte: non è utile, se non per curare qualche prurito intellettuale, ricordare e raccontare la storia passata degli oggetti e dei sistemi (operazioni tipiche della storia della tecnologia), al fine di capire meglio la loro collocazione nella tecnosfera e nella società.
Questo blog si propone di falsificare questa supposizione.

Punti di partenza potranno essere riflessioni su nuovi oggetti, storie di oggetti passati, considerazioni su libri e valutazioni di eventi di portata generale o più strettamente legate ad ambiti tecnologici.