15 – why England first?

Perché la rivoluzione industriale avvenne in Inghilterra? A margine delle principali teorie, possono essere evidenziati alcuni fattori principali.

L’agricoltura
La scoperta dell’America portò con sé una buona varietà di nuove specie vegetali, come il mais, la patata, la canna da zucchero, il tè, il caffè e il cacao. Congiuntamente ai nuovi metodi di rotazione, che sfruttano meglio la produttività del terreno, la produttività vide così un grande aumento.
Con l’ampliamento delle aree utilizzate per l’agricoltura, furono sperimentate nuove tecniche: fu abbandonata la rotazione triennale a favore della quadruplice rotazione (foraggio-orzo-trifoglio-grano), fu intensificata la coltivazione dei cereali, fu selezionato l’allevamento del bestiame (in particolare dei cavalli). Le zone destinate a pascolo furono ridotte, ma la quantità di animali allevati non diminuì: tutto ciò naturalmente accrebbe la quantità di cibo disponibile e migliorò la qualità e la durata della vita.
Cambiò inoltre la struttura della proprietà: all’inizio del xviii secolo nascevano le enclosures, sistema di chiusura degli appezzamenti di terreno, precedentemente libero (vigeva infatti il sistema dell’openfield). A causa di ciò i mezzadri ebbero sempre meno lavoro, causando un forte flusso migratorio verso le città proprio nel periodo in cui le fabbriche si andavano ampliando: la manodopera era assicurata.

La pace
Dal 1701, dopo la pace di Utrecht, alle guerre napoleoniche l’Inghilterra visse un periodo di pace, avendo così la possibilità di concentrare ingenti capitali in settori che non fossero quello bellico. Inoltre moltissimi mercanti provenienti da tutta Europa si spostarono in Inghilterra a causa della disponibilità di denaro e di commercio facile.

L’immigrazione
Il flusso di immigrati stranieri, soprattutto in alcuni settori chiave delle attività produttive, permise lo sviluppo o il perfezionamento di tecniche e settori industriali.
Caso paradigmatico fu quello dell’orologeria, che vide l’afflusso di artigiani dall’estero. Questi consentirono dapprima l’imitazione degli stili continentali, e poi lo sviluppo di un’industria nazionale indipendente.

La flotta
La flotta inglese (mercantile e militare) era la migliore al mondo in questo periodo, ed erano in grado di facilitare il commercio estero garantendogli anche un’adeguata difesa da briganti ed assaltatori lungo le rotte.

La demografia
Migliorò la condizione di vita della popolazione, quindi l’età media e l’età media lavorativa. Tutto ciò attuò una migliore distribuzione della ricchezza rispetto alle altre potenze europee.

I confini
Da più di due secoli non vi era in Inghilterra un sistema di dazi interni, a differenza di quanto avveniva ad esempio in Italia: in questo modo il mercato risultava più omogeneo e i prezzi non si gonfiavano artificiosamente.

La geografia e le materie prime
Tra i fattori: massa territoriale modesta, topografia agevole, costa frastagliata (più facilmente difendibile e idonea alla costruzione di nuovi porti), nuovi canali, ponti e strade costruite a metà del xvii secolo, che agevolarono i trasporti interni. Le risorse dell’isola erano: legno, carbone e ferro, tutto il necessario per un forte sviluppo industriale.

L’etica industriale
L’immigrazione di tecnici stranieri, unitamente agli sviluppi autoctoni, aveva alzato di molto il livello delle capacità tecniche, ma si trovava in Inghilterra un atteggiamento verso la tecnica assai più aperto che in ogni altro paese europeo. I creatori delle macchine inglesi venivano dalla classe media: non era disdicevole per un rampollo inglese impratichirsi delle arti tecniche, anche perché vigeva il sistema della primogenitura, per il quale ereditava tutto il patrimonio della famiglia il solo primogenito. Gli altri figli, oltre alla carriera militare e quella ecclesiastica, dovevano per forza trovare un’occupazione, per cui l’imprenditorialità era uno sbocco naturale.
Inoltre, la mancanza di corporazioni e privilegi industriali è stato a lungo visto come un forte argomento per la supremazia inglese. Gli inventori ottenevano più facilmente finanziamenti per i loro progetti e la rapidità con cui i prodotti del loro ingegno trovavano favore presso le società di manifattura.
Dal punto di vista finanziario, la maggiore accumulazione di capitale e la presenza di tassi di interesse più bassi consentiva a un imprenditore di iniziare la propria attività con una spesa minima. In nessun altro paese d’Europa, infatti, esisteva una struttura finanziaria così avanzata e un pubblico così avvezzo agli strumenti cartacei come in Inghilterra. Ciò aveva due conseguenze di massima: accresceva la responsabilità economica del capofamiglia e costringeva la maggior parte dei figli a guadagnarsi da vivere.
Nacque una nuova classe sociale, il proletariato. Una classe formata da quelle persone che avevano pochissimi averi, basando tutta la loro vita su un salario. La loro unica ricchezza era la prole, i loro figli, in grado di garantire forza lavoro, quindi valore, alla propria famiglia.

03 – età dei metalli

Alle età della pietra seguono quelle dei metalli: il calcolitico (l’epoca nella quale si utilizza perlopiù il rame), l’età del bronzo (che, secondo le regioni, ebbe inizio tra il 1.700 e il 1.000 a.C., e terminò tra l’800 e il 500 a.C.), e l’età del ferro (grosso modo tra il 1.000 e il 500 a.C.). La variabilità delle date è ovvia, e dipende dall’adozione dei nuovi paradigmi da parte delle diverse popolazioni.

A fianco delle tecnologie metallurgiche, però, è la tecnica della scrittura a segnare il passaggio all’epoca storica: la possibilità di fissare su supporti stabili i numeri, le idee, i pensieri, permette all’uomo, anche senza volerlo, di raccontarsi. L’idea di tempi storici passa proprio per questa condizione.
I primi esempi di scrittura sono ancora una volta diversamente distribuiti: i più antichi reperti mesopotamici risalgono attorno al 3.200 a.C., quelli sumeri al 3.400, quelli della valle dell’Indo al 3.500; e oggi pare possibile definire come “scrittura” le iscrizioni su tavolette di terracotta rinvenute in Romania, nella valle del Danubio, datate con tutta probabilità sino al 5.400 a.C. Sulla valenza di questi reperti la comunità degli storici non ha però una visione univoca.

L’uomo aggiunge altri complementi materiali alla propria vita quotidiana: la terracotta è un materiale che gli permetterà, tra l’altro, la cottura degli alimenti; con i sistemi per la realizzazione dei tessuti, poi, come il filatoio e il telaio, sostituirà le pelli degli animali, sino a prima l’unico modo che aveva per coprirsi.
Il telaio passerà da essere una semplice cornice utile per distendere e rendere lavorabile il tessuto alla struttura che fondamentalmente è ancora oggi, con l’uso dei licci e della bocca d’ordito.
Altra tecnologia complementare all’agricoltura è quella legata alla gestione delle acque: dalla Mesopotamia e dalle altre zone dove la prima richiedeva una costante irrigazione si diffusero tecniche per la conduzione e il trasporto di una risorsa finita come quella idrica. Tra il 5.000 e il 3.000 a.C. norie e altri sistemi di sollevamento, ma anche canali e serbatoi, sono perfezionati, e permettono lo stoccaggio e lo spostamento dell’acqua.

L’agricoltura si diffuse particolarmente nelle aree a clima mediterraneo, caratterizzate da alternanza di estati calde, inverni freddi e stagioni intermedie umide. La vita dell’uomo fu pesantemente segnata dalle stagioni, con distinzione tra quelle nelle quali era necessario il suo lavoro e quelle nelle quali, di conseguenza, poté dedicarsi ad altre attività. Nascono le occupazioni artigianali, alle quali l’uomo si applicherà in modo continuativo quando disporrà di un sufficiente surplus alimentare.
Come si diceva, in corrispondenza del passaggio tra preistoria e storia si situa l’inizio delle lavorazioni dei metalli. Il primo metallo a essere utilizzato proficuamente fu il rame, e al momento attuale, salvo altri possibili ritrovamenti le cui datazioni ancora non sono unanimemente accettate, il primo reperto in rame noto è l’ascia di Ötzi, la mummia ritrovata sul ghiacciaio del Similaun (tra Italia e Austria) nel 1991, e risalente al 3.330 a.C. circa.
La scelta ricadde sul rame a partire dalla lavorazione del rame nativo, non così frequente in natura, ma utile per far prendere confidenza all’uomo a questo metallo, con il quale si fabbricavano utensili per battitura; poi, fu prodotto per mezzo di forni che raggiungevano temperature attorno ai 700° C. La produzione aumentò notevolmente quando ci si approssimò ai 1.000° C.
In maniera quasi casuale, poi, l’uomo comprese che “impurità” incluse nella fusione potevano essere alle volte dannose, come nel caso del piombo (che rende il prodotto della fusione troppo malleabile), e altre molto utili, come per lo stagno (che dava un risultato robusto e malleabile).
Il ferro, con il suo alto punto di fusione (1439° C) fu utilizzato per ultimo, anche se prima il “metallo celeste”, ossia il ferro nativo derivante dai meteoriti, era a disposizione e fu utilizzato da millenni.