quando il papa faceva i ponti

Risposta a questo articolo di Davide Cardile.

 

Davide,
concordo pienamente sul fatto che il distacco dia una visione più libera. Capita anche a me una cosa simile, specie ora che non mi occupo più a tempo pieno di Web e argomenti connessi.
Ugualmente, è necessario e igienico essere sinceri, perché dopo la “rivoluzione digitale”, come l’hai chiamata tu, una falsa dichiarazione ti si ritorcerà contro, prima o poi, e questo non solo se metti foto false del tuo albergo.
Mi permetto però qualche considerazione sulla restante parte del tuo post, in particolare quando parli di pontificare e di parlare alla folla.

Pontificare

Nella Roma antica il pontifex maximus era colui che – a dir poco etimologicamente – si occupava della realizzazione di ponti, non solo spirituali, ma pure fisici. In ogni caso, si curava di connessioni, insomma, di comunicazioni, cosa che lo lega in modo inaspettato al nostro scenario. Il fatto che “pontificasse”, nel senso da noi oggi attribuito al verbo, era dovuto al suo prestigio. Pontificare è funzionale al dimostrare la propria certezza nell’affermare qualcosa. Non saremmo credibili se dimostrassimo troppa decisione nel sostenere una posizione, ma altrettanto non lo saremmo se non sostenessimo in modo vigoroso le nostre opinioni. Per dirla tutta, tu e il sottoscritto, con i nostri rispettivi post, pontifichiamo. Siamo assertivi nelle nostre dichiarazioni, essendo certi delle nostre ragioni. Quando uno scrive una tesi di laurea, in ultima analisi pontifica, perché spesso è il massimo esperto mondiale di quell’argomento.

In ultimo, qualche logico potrebbe dire a te e a me che non possiamo criticare chi a nostro dire pontifica sul web scrivendo a nostra volta sul web. Ma qui andiamo su questioni di lana caprina, e fa troppo caldo.

Parlare alla folla

Che ti dia fastidio l’arringa digitale posso capirlo e in parte condividerlo, ma altro doppio pregio della “rivoluzione digitale” è la possibilità sia di pubblicare urbi et orbi il proprio pensiero, te e me compresi, sia di ricevere gradimento (diretto) o disgusto (più indiretto). Chi scrive pensieri e opinioni poco o nulla condivisi dai più cadrà in un oblio digitale determinato dal poco riscontro ottenuto; ma rimarrà sempre liberissimo di immaginare il lector in fabula dei propri scritti. Nessuno scrive senza figurarsi, in modo più o meno conscio, il destinatario delle proprie righe, e se scrive su Web sarà il riscontro degli altri utenti a dirgli se ha ragione o torto.

Ho detto la mia qualche tempo fa sulla polemica per l’uso “simil-Facebook” di LinkedIn. Proprio per la natura partecipativa e sociale del social network, sino a che qualcuno non lede articoli del regolamento che ha accettato al momento della registrazione, non vi è chi possa dirgli che argomenti trattare. Anche in questo caso, saranno gli altri utenti a decretarne la fama o l’insuccesso. Non vi è nulla di intrinsecamente sbagliato nel mettersi al balcone e dire le proprie idee. Come non vi è nulla di sbagliato nel consigliargli di starsene al chiuso. Così, non si lamenti chi non passerà il prossimo colloquio di lavoro perché ha messo la propria foto da ubriaco su LinkednIn: avrà solamente reso più facile il vaglio da parte del reparto risorse umane, che si sarà risparmiato il giro su altri 5 o 6 social newtork.

Speakers-CornerIn definitiva, se usiamo questo strumento e ne accettiamo le regole d’uso, dobbiamo a mio avviso farlo fino in fondo; credo che da un lato l’indifferenza per chi scrive in modo malamente improprio o volontariamente offensivo, e dall’altro il commento e la critica per chi argomenta in modo diverso dal nostro, ma lo si giudica comunque sincero e rispettoso, siano le modalità con le quali dovremmo mantenerci all’interno del Web e delle sue propaggini.

Un saluto

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