Nulla di nuovo sotto il sole torinese

Il giro di Torino in 501 luoghi

di Laura Fezia

Recensione di Il giro di Torino in 501 luoghi di Laura Fezia, Milano : Newton Compton, 2014
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Che nella bibliografia del libro appaiano citati tre (!) saggi di Peter Kolosimo (torinese di adozione, sì, ma soprattutto ufologo) conferma come Laura Fezia, nonostante le buone intenzioni della premessa, dove afferma di voler guardare alla città con occhi non legati ai soliti schemi, peschi nel trito bacino delle leggende di cui Torino è ben fornita. Benissimo, per coloro che sono interessati a questo taglio. Un po’ meno per coloro che si aspettano una semplice (è veramente troppo chiederla?) descrizione della città nei suoi luoghi caratteristici. Eppure ce ne sarebbe da dire.
Stando alla sola architettura della città, e non parlando di quello che manca, ma di quello che almeno parzialmente c’è nel testo, l’autrice argomenta in lungo e in largo di sotterranei (misterici per definizione), ma quando parla di piazza Emanuele Filiberto si ferma in superficie, riferendo appena delle opere sotterranee che invece la rendono unica. Cita la Cittadella, ma non dà prova di conoscerne né la tecnica costruttiva né la finalità precisa. Parla di architetti e non cita Vauban, che definì Torino come la città con la migliore collocazione strategica al mondo. Fa riferimento al _Theatrum Sabaudiae_ senza dire che cosa sia l’opera e come fosse il “portfolio” di casa Savoia nel Seicento. Definisce canonicamente “salotto buono” piazza San Carlo, ma forse non sa che era la piazza delle parate militari. Azzecca la collocazione di due lati dell’antico quadrato romano (non male), ma sbaglia quella degli altri due (le mura non arrivavano all’attuale corso Regina Margherita, né tantomeno fino a corso Valdocco). Eccetera.

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