22 – un caso esemplare

La realizzazione, nel 1893, delle fogne torinesi, fu preceduta da una lunga serie di risoluzioni, e di altre contrarie a quelle precedenti, di decisioni in una direzione e di brusche sterzate in senso opposto. Ciò fu determinato, tra l’altro, dalla presenza di due fazioni contrapposte di peso quasi equivalente, che si batterono sino all’ultimo sfruttando sia la sede consigliare sia i mezzi di diffusione delle opinioni (in particolare, i mezzi a stampa, tra cui, oltre alla già citata “L’ingegneria sanitaria” si annovera anche “La gazzetta del popolo”).
Gli antefatti parlano di un primo progetto di canalizzazione doppia stilato sotto Nomis di Pollone nel 1842. La costruzione della rete fu interrotta attorno al 1860, quando si preferì incoraggiare l’utilizzo di pozzi neri, che tra l’altro permettevano l’impiego di molta manodopera.
Con relativo anticipo rispetto alla “rivoluzione batteriologica”, ma in ogni modo dettata dal peggiorare della situazione igienica della città, il 15 novembre 1880 si situa l’istituzione, da parte del Sindaco Luigi Ferraris, di una commissione per lo studio del miglior sistema di fognatura. La commissione, presieduta dall’avvocato Calandra, ebbe come relatore il senatore Pacchiotti, e come estensore del progetto l’ingegner Boella. Il progetto fu anche presentato all’Esposizione Nazionale di Torino del 1884, e la sua discussione in sede di Consiglio comunale iniziò l’anno successivo; tuttavia, la continuazione fu subito bloccata per via di una mozione dell’onorevole Carlo Compans, che chiese un approfondimento degli studi.
La Giunta, già diretta da Ernesto di Sambuy, deliberò quindi il 4 marzo 1885 della formazione di una seconda commissione, incaricando i consiglieri Casana, Ceppi e l’ingegner Velasco, capo dell’Ufficio Tecnico, di portare a conoscenza la Giunta stessa della situazione delle fognature in diverse città europee.
Seguirono anni di relativa quiete, nei quali il dibattito, anche quello condotto dalle colonne delle riviste, si fece meno intenso; si arrivò così al 1887, anno nel quale il Consiglio Comunale deliberò la stesura da parte dell’Ufficio Tecnico di due progetti di massima: uno a canalizzazione doppia ed uno a canalizzazione unica.
L’anno successivo il Consiglio stesso diede la propria approvazione per il progetto di canalizzazione unica, ma ancora una volta le opposizioni di alcuni membri non permisero l’inizio delle opere. Nel 1889, incredibilmente, lo stesso Consiglio mutò nuovamente la propria decisione, propendendo per la canalizzazione doppia.
Urgeva fare chiarezza, e il pretesto fu dato dall’insediamento della nuova Giunta, insediata dopo le elezioni estive. Fu dato carico all’ingegner Ernest Bechmann, che si era già occupato della sistemazione delle fogne di Parigi, di cui divenne responsabile dal 1888, di redigere un progetto di canalizzazione unica. Seguendo il mandato ricevuto dal Consiglio, la Giunta nominò il 21 aprile 1890 un’ulteriore commissione, composta dagli ingegneri Berocchi di Roma, Tagliasacchi di Milano, Delfino di Cuneo, Meano di Torino e del professore d’igiene di Roma, Angelo Celli.
Tale commissione si dimostrò sostanzialmente favorevole al sistema del tout à l’égout, dando così soddisfazione al partito dei monocanalisti.

Parallelamente, la Società degli Ingegneri ed Architetti di Torino aveva pure istituito una commissione, che avrebbe dovuto dare un parere sulla questione delle fogne. Tale commissione si pronunciò per il sistema della canalizzazione doppia. Il dissenso rispetto alla posizione della commissione fu manifestato anche in Giunta, dove nel 1891 tre assessori ingegneri su quattro (Galileo Ferraris compreso) sostennero il progetto di fogne separate.

Il dibattito proseguì, tra esposizioni di pro e contro, proposte serie e meno serie, incomprensioni, errori, stime di costi e velati insulti, all’insegna di lodevoli intenti di alcuni e di una conoscenza frammentaria del problema dimostrata da diversi consiglieri comunali, alcuni dei quali tecnici di primo livello.
Le stime dei costi furono diverse, e diversamente interpretate dai fautori dei due sistemi; analogamente, medesimi fattori furono interpretati diversamente a seconda che si sostenesse la canalizzazione unica o doppia. Tuttavia, ciascuno dei due schieramenti aveva dei punti forti, che richiamava ad ogni nuova descrizione.
In sintesi, il tout à l’égout o canalizzazione unica era considerato dai propri propugnatori come:
• il più economico, per la semplice considerazione secondo cui un canale costa meno di due;
• il più semplice, sia dal punto di vista sistemico sia per le operazioni di manutenzione;
• il più efficiente, malgrado si dovessero mettere in conto spiacevoli fuoriuscite nei giorni di intense precipitazioni.
La doppia¬¬¬¬ canalizzazione era invece presentata con questi aspetti positivi:
• igienicità, dovuta alla chiusura stagna delle acque nere in tubi metallici;
• sicurezza, per la maggior facilità di contenimento di volumi d’acqua eccezionali (gestiti attraverso la messa in comunicazione delle due canalizzazioni);
• profittabilità, perché anche a fronte di una non dimostrata maggior spesa iniziale, permetteva l’uso degli scarichi come concimi.

Per contro, le posizioni opposte si manifestarono anche nell’esposizione dei difetti del sistema concorrente. Sostanzialmente il tout à l’égout era tacciato di scarsa igienicità per le fuoriuscite nel caso di grandi piogge e per il rischio di stagnazione in caso di siccità; la doppia canalizzazione era accusata di considerare come “bianche” delle acque che in realtà erano tanto mefitiche quanto quelle intubate nei canali neri, oltre che di difficile manutenzione. Inoltre, era considerata attuabile solamente in città di dimensioni maggiori di Torino.

Il 1892 vide l’estensione della legge per il risanamento di Napoli alle Amministrazioni comunali che ne avessero fatto domanda entro il gennaio 1894. Esse avrebbero potuto beneficiare di finanziamenti statali per ristrutturazioni cittadine giustificate da importanti motivi igienici (ove qui “igiene” è da intendersi in un senso abbastanza esteso, se è vero che l’apertura dell’attuale via Pietro Micca a Torino fu compiuta grazie alla legge). Ciò provocò un’accelerazione delle attività decisionali, sino a giungere al maggio 1893, quando la vicenda si concluse.
La votazione conclusiva prevedeva l’approvazione del cosiddetto ordine del giorno Pacchiotti, che comportava la costruzione di un unico collettore sulla sponda sinistra del Po, oltre che la connessione ad esso dei canali bianchi e neri. Il risultato vide trenta voti per parte, con Compans unico astenuto. L’ordine del giorno non fu approvato, e la seconda votazione, per alzata di mano, vide una lieve prevalenza della doppia canalizzazione (30 voti favorevoli e 28 contrari). Uno dei sei assenti alla votazione fu proprio Giacinto Pacchiotti, tenuto a letto dalla malattia che di lì a poco tempo lo avrebbe portato alla morte.

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